mercoledì 9 luglio 2008

Granger Girls

Capitolo ventiduesimo: Amori


Altri tre totenmaske arrivarono, e trovarono il loro compagno e il corpo di Tim.
“Chi era? Un Auror?” domandò Alice Liddell, l’unica donna del gruppo.
“Non lo so…” rispose Jareth King.
“E’ incredibile che sia riuscito ad entrare qui dentro senza essere visto, e che sia sopravvissuto alla trappola.” Disse Lloyd Osbourne.
James Aven girò Tim per guardarlo in faccia e disse: “E’ un ragazzo!” Poi a Jareth “Avresti potuto prenderlo vivo. Così da farci dire perché si trovava qui. E’ come ci ha scoperti.”
“Ci penserò la prossima volta che qualcuno mi punterà contro una bacchetta.” Rispose lui.
“Potrebbe non essere un auror. O forse un mangiamorte.” disse Alice “Quelli che hanno attaccato Hogsmeade un mese fa.”
Loro non erano dei magiamorte, ma dei totenmaske. I totenmaske, o maschere di morte, non erano fedeli a Voldemort, ma a Gellert Grindelwald, il più potente mago al servizio del Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, alla fine del confitto cercò di fuggire in Sud America, ma fu sconfitto da Albus Silente, Aberforth Silente e David Giles.
I Totenmaske durante le due guerre magiche erano rimasti neutrali, essendo il loro numero insufficiente, e non volendosi alleare con nessuna delle due parti.
Dato che molti mangiamorte erano in origine dei Totenmaske, adottarono le stesse divise e le stesse consuetudini, per questo era facile confonderli, unica differenza era il marchio nero sul avambraccio. Dopo la seconda guerra magica alcuni mangiamorte sbandati entrarono fra le file dei Totenmaske.
“Che ne facciamo?” domandò Alice.
“Mi sembra ovvio che dobbiamo disfarci del corpo. Qualche idea?” disse Jareth.
“I miei Cu Sith hanno fame, diamolo in pasto a loro.” Disse Lloyd Osbourne.
“Sì, va bene, ma lasciò la decisione a te, James Aven” disse Jareth.
“Fatene quello che volete, non mi riguarda.” Rispose, ma prima d’andare guardò con sospetto King.
Lloyd Osbourne s’abbassò per prendere Tim, ma Jareth lo fermò dicendo: “Lascia lo porto io. Dopo tutto l’ho ucciso e voglio completare l’opera e poi non è giusto che uno come te Osbourne di una nobile famiglia faccia un lavoro del genere.”
Il Totenmaske restò un po’ stupito, ma si sentì lusingato da quelle parole, e sorrise dicendo: “Grazie Jareth. Sai dove sono i miei cuccioli, vero?”
“Certo, creature adorabili.” Rispose Jareth , mentre si caricava il corpo di Tim in spalla.
“Non avvicinarti troppo però. Ma aspetta ti accompagno.”
I due si avviarono per il corridoio.
I Cu Sith si trovarono in uno dei sotterranei della villa. Raggiunta la gabbia Jareth scaricò il corpo in una botola, mentre dal fondo si sentivano terrificante ululati e guaiti.
“Senti che musica sanno fare i miei piccoli. Adesso scendiamo giù e vediamo come lo fanno a pezzi.” disse Osbourne con in volto un ghigno malefico.
“Mi spiace, ma credo di no.” disse Jareth e puntata la bacchetta gridò: “Avada Kedavra” Uccidendo al istante il mago oscuro, ne prese il corpo e si buttò con lui dentro la botola a scivolo. Jareth subito dopo si ritrovò in un posto maleodorante, il pavimento sommerso da almeno trenta centimetri d’acqua e melma verde, anche le mura erano verdi ricoperte di alghe e muschio.
Il mago si guardò attorno e vide il corpo di Tim, gli si avvicinò trascinando con se Osbourne. Senti qualcosa muoversi, poi dei versi provenienti dalla parte più oscura delle sotterraneo, vide una coppia di occhi cremisi brillare minacciosi nel buio, poi altri due e altri ancora.
Dalle tenebre emersero i Cu Sith, erano enormi, grossi quasi come cinghiali, il pelo ispido e rosso scuro intorno alla testa, per il resto erano glabri, le bocce aperte e sbavanti. Si avvicinarono preparandosi al balzare su Jareth.
Lo sguardo di lui era fisso, i suoi occhi freddi, uno di loro indietreggiò intimorito.
Il più grosso che doveva essere il capo branco, sbalzò su mago. Jareth richiamò a se la spada e lo colpì. Il Cu Sith ricadde sulle quattro zampe, ma subito dopo la grande testa cadde nel acqua tagliata di netto.
Il mago allora riprese il suo vero aspetto, il suo vero volto quello di David Giles.
Un’altro belva lanciò contro di lui, in tanto gli altri divoravano le carni del capo branco morto.
David puntò la bacchetta e gridò: “Petrificus Totalus”. Mastino infernale colpito cadde con il corpo congelato, il mago allora buttò il corpo di Osbourne agli altri Cu Sith e andò a sincerarsi delle condizioni di Tim.
Il giovane mago era pallido.
“Forza, ragazzo.” gli sussurrò David “Non morire.”
Lui riprese conoscenza e visto il volto amico disse: “Profes… Giles…”
“Sì, Tim, non cedere. Ti porterò a casa, ma tu non lasciarti andare.”
“Harmo…” sussurrò Tim.
“Sì, pensa a lei. Pensa che devi tornare da lei.” e detto questo si caricò il ragazzo sulle spalle, e fece esplodere la porta dei sotterranei.
“Speriamo di faccela.” Disse mentre usciva da quel posto “Vorrei sapere che diavolo ti è saltato in mente. Sei proprio uguale a Harry.” e sorrise.
“Harmony…” disse Tim.
“Sì, sei proprio tale e quale a lui.”
Con il giovane mago sulle spalle David uscì dal maniero. Il vento soffiava forte.
“Forse siamo fortunati.” sussurrò il mago, quando si era ormai allontanato dal castello.
Non poteva smaterializzarsi perché Tim non avrebbe sopportato il trauma.
A un tratto sentì della confusione dietro le sue spalle, proveniente dal castello.
“Ho sempre pensato che la fortuna è sopravalutata.” disse e si guardò intorno “Devo trovare un posto per nascondere Tim, o per avere un certo vantaggio strategico. Tra qualche minuto ci saranno qui.” E sentì qualcosa muoversi nell’erba dietro di lui, si voltò, puntando la bacchetta e vide Gray.
“Un thestral, così lontano da Hogwarts?” pensò, poi noto che l’animale guardava Tim.
“Non ti preoccupare, non è morto, non ancora.” Disse David avvicinandosi alla creatura magica.
Gray girò il capo a sinistra, aveva sentito qualcosa, come anche Giles.
“Cosa c’è amico?” domandò David a Gray.
Il Thestral era irrequieto.
“Sì, lo so ci stanno guardando.” Sussurrò il mago poi a voce più alta: “Avanti Alice, lo so che sei tu. Esci!!”
“David Giles…” sussurrò fra i denti la Totenmaske uscendo per magia dall’ombra di un albero morto poco distante. “David Giles, ecco chi si nascondeva sotto le sembianze di Jareth. Ci hai ingannato per molto tempo i miei complimenti. Che fine ha fatto il vero Jareth King?”
“Non lo immagini?”
“E’ ad Azkaban? Non è vero.”
David non rispose.
“Maledetto!! Dov’è?” gridò Alice.
Si sentì una musica triste e maliconica.
David sorrise, e dietro la Totenmaske comparve Laura, che suonava un flauto traverso.
“Ossian?” disse la strega oscura voltandosi.
La vampira si fermò e disse: “Ciao, Alice e da un po’ che non ci si vede.”
“Dovevo immaginarlo, se c’è uno, c’è pure altra.”
“In realtà erano quindici anni che non ci vedevamo.” Disse Laura “Sai com’è una pausa di riflessione. Per rispondere alla tua domanda Jareth aveva un sangue buonissimo.” E la non-morta prese il suo aspetto ferino.
“Lurida succhiasangue!!” gridò la strega e puntò la bacchetta contro la vampira. Ma non fece in tempo a lanciare l’incantesimo che dalla mano sinistra non-morta si generò un fuoco flauto blu, e poi gridò: “Will o’ the wisp” e il fuoco colpi Alice riducendo il suo corpo in cenere.
La vampira poi corse da David e visto il ragazzo disse: “Tim, che cosa è successo? Sta bene?”
“No, non starà bene se non ci sbrighiamo!!” rispose il mago. “E’ ferito gravemente ha bisogno di cure.” E guardò Gray “Portalo a Hogsmeade, a casa tua.”
“Perché non a scuola?”
“Perché non voglio che lo vedano così, potrebbe essere espulso.” rispose lui.
La vampira riprese il suo viso umano e disse sorridendo: “Ti ricorda, Harry non è vero?”
“Sì, è giuro che se sopravvive gli romperò la faccia.” Rispose il mago e guardò il ragazzo.
“Come hai fatto a lui dopo la battaglia del ponte di Westmister.” disse la vampira sorridendo.
“Ti ricordi come si vola su un Thestral?” domandò David.
Lei annuì e poi disse: “Tu che intenzioni hai?”
“Arriveranno, non appena si renderanno conto che manca Alice, e troveranno ciò che resta del corpo di Osbourne, capiranno tutto e verranno a cercarci, e siete già troppi sul thestral per andare veloce. Resterò qui ad affrontarli. Era una cosa che avrei già fatto, non sanno niente della figlia di Voldemort o di chi sta alla leadership dei nuovi mangiamorte.”
Laura guardò negli occhi David e gli disse: “Buona fortuna e stai attento.” e salì su Gray con Tim ancora in stato incosciente. “Ci vediamo al mio appartamento. Buona caccia.”
“Laura…” sussurrò lui.
Lei si chinò e lo baciò, poi incitò Gray. E il thestral spiccò il volo.
David lì guardò volare via, fin quando non sparirono.
Poi sentì una voce maschile dire: “Stanno arrivando!”
“Sì, lo so…” disse David dando le spalle allo sconosciuto.
“Sei rimasto per incontrare me. Non è vero?”
“Sì…” rispose l’immortale e si voltò, trovandosi davanti Parsifal, che aveva fra i denti un bastoncino di ghiacciolo.
“Sei tu che mi ha salvato a Hogsmeade durante l’attacco?” domandò.
Il ragazzo annuì.
Un istante dopo quindici Totenmaske li attaccarono, i due maghi gli uccisero senza troppe difficoltà, dopo un ora buona la brughiera era coperta dai corpi dei maghi oscuri caduti, David e Parsifal si riposavano appoggiati a una roccia.
Parsifal prese da una tasca una fischietta di metallo e domandò a David: “Un goccio di idromele?”
Lui gli sorrise e rispose: “No, grazie bevo solo in occasioni speciali e con degli amici.”
“Molto saggio.” disse Parsifal versando l’idromele nel tappo della fiaschetta. “Però sapevo che un tempo bevevi molto…”
David spalancò gli occhi dalla sorpresa a sentire quelle parole e disse: “Come?!”
Ma quando si voltò il giovane mago era già scomparso.
L’immortale sorrise, e anche lui si smaterializzò ricomparendo davanti alla porta del palazzo di Hogwarts street dove si trovava l’appartamento di Laura.
David ci entrò e salì le scale fino al secondo piano. Bussò alla porta e dopo poco Laura venne ad aprirgli.
“Tutto bene?” domandò la vampira, e fece entrare il mago.
“Si, nessun problema.” rispose lui.
“Cosa c’è? Mi sembri strano” disse Laura.
“Ho incontrato una persona.”
“Un amico o un nemico? David.”
“Non lo so… Mi auguro, penso sia un amico. Ma…”
“David?”
“Come sta il ragazzo?”
“Bene è fuori pericolo, ma è stata dura. Adesso che si fa.”
“Domani mattina lo riportiamo a scuola, spiegheremo la situazione a Minerva e naturalmente anche Hermione. Se dovrà essere punito, ma non credo. Gli dirò che sono stato io ha coinvolgerlo.”
“Ti piace?” disse Laura ridendo. “Ti piace non solo perché ti ricorda Harry, ti ricorda te stesso alla sua età. Vieni di là.” Laura fece strada fino alla camera degli ospiti.
Dentro la camera, sotto le coperte si trovava Tim, Laura lo aveva curato e bendato, le ferite sarebbero guarite entrò domani.
“Vai a riposare resto io con lui.” disse David.
“Grazie, ci si rivede più tardi.” sussurrò la vampira, lo bacio e poi uscì dalla stanza.

Passarono diverse ore e Tim si svegliò.
Il ragazzo si guardò attorno, cercando ci capire dove si trovava, subito vide David che gli disse: “Tranquillo sei al sicuro.”
“Professor Giles, che cosa è successo? Come sono arrivato qui? Dove mi trovo?” domandò il ragazzo muovendosi, sentendo però le ferite fargli male.
“Stai fermo. Sentirai un po’ di dolore per un po’, le tue ferite erano piuttosto gravi. Ti trovi a casa della professoressa Ossian.”
“Era lei il mangiamorte, che mi ha attaccato a Baskerville?”
“Si, ma quelli che hai attaccato non erano mangiamorte, ma Totenmaske cioè fedeli alle idee di Gellert Grindelwald.”
“Ah…” disse Tim stringendo i denti per una ferita.
“Aspetta che ti aiuto.” Disse David aiutandolo a metterlo seduto con le spalle appoggiate alla spalliera del letto.
“Si può sapere cosa ti è saltato in mente?” Domandò David, allontanandosi e mettendosi seduto su una sedia.
“Professore, io non potevo più aspettare. Voglio combattere, Robin è morta come Stefany e Conner, tutti uccisi dà dei mangiamorte, e questi non vengono puniti. Ho deciso che avrei dato loro giustizia, inseguendo quei bastardi e...”
“… e uccidendoli.” Sussurrò David “So cosa provi, Tim, e non sarò di certo io a dissuaderti.”
“Grazie professore.”
“Ho avvertito la scuola per questa volta l’hai passata liscia, anche perché la preside mi doveva un favore, e perché la professoressa Granger conosce le persone come te. Non sei in punizione. Cerca di stare lontano dai guai, almeno farlo per chi ti vuole bene.” E detto il mago si alzò e andò verso la porta. “Preparati tra un po’ ti riporto a scuola, ma dovrai stare in infermeria.” E girò la maniglia
“Professore, lei non pensa che sto sbagliando, vero?”
“Se lo pensasi sarei un ipocrita, Tim…” disse dandogli le spalle e uscì.

Harmony e Acrux erano alla quercia, parlavano e scherzavano, camminando abbracciati.
Quando videro, venire correndo verso di loro Tibby.
La Strega con il fiatone disse loro: “Avete saputo: Tim è ferito.”
“Come? Quando? Dove si trova?” domando preoccupata Harmony.
“E’ in infermeria. Ho sentito di nascosto il professor Giles che ne parlava con tua madre. Sembra che Tim abbia attaccato dei mangiamorte o qualcosa del genere, ma è stato ferito.”
“Ma sta bene? Non è grave?”
“No, sta bene, ma deve rimanere in infermeria per almeno un giorno.” Disse Tibby.
Acrux guardò Harmony. La strega sembrava sconvolta, sembrava fosse sul punto di piangere. Il giovane mago chiuse gli occhi un attimo, e dopo sussurrò: “Harmony, piccola vai da lui…”
“Acrux…” rispose e si voltò verso il ragazzo.
“Vai da lui.” disse lui guardandola dolcemente.
“Grazie, Acrux” lei gli sorrise e disse a Tibby: “Vieni con me?”
“Si, certo.” Rispose l’amica.
“Harmony…” sussurrò Acrux e sorrise “Sono stato bene con te.”
“Che vuol dire Acrux?”
“Vai da lui…”
“Ok.” rispose Harmony.
E i due si sorrisero.
Le due ragazze corsero allora verso il castello.
Acrux rimasto solo, alzò lo sguardo al cielo. Iniziò a piovere e le lacrime del ragazzo si mischiarono con le gocce di pioggia.
In momento di lì passò Draco che visto il figlio gli domandò: “Cosa c’è?”
Acrux lo guardò, con aria assente.
E dallo sguardo del figlio capì che qualcosa non andava.
Il giovane mago s’avvicinò al padre.
Draco lo abbracciò, mentre il ragazzo piangeva.
“Cosa è successo?” gli domandò.
“Harmony se ne andata… Sono solo adesso.”
“No, non sei solo.”
“Papà, non dovrei piangere. Sono un uomo ormai. Sono un serpeverde. Sono un Malfoy… Scusa papà non riesco a smettere.”
“Chi ti ha detto che non dovresti piangere?” Gli sussurrò il padre “Chi ti ha detto che gli uomini non piangono? E’ giusto che se un uomo pianga se perde il proprio amore. Acrux piangere per amore non è debolezza, è forza.”
“Grazie papà, grazie…”
Draco gli sorrise e disse: “Avanti andiamo a prenderci qualcosa, non c’è niente di meglio di una tazza di cioccolata calda di tua madre, per risolvere tutto. Ti ricordi cosa ti dicevo da piccolo?”
“Ehm si, che non c’è niente che una tazza di cioccolata calda non possa risolvere.”
Padre e figlio andarono verso il castello.
“Papà, non credo che riuscirò mai a dimenticarla.”
“Me lo auguro per te, Acrux, ogni nostro amore è una gemma preziosa e rara.”

Le due giovani streghe entrarono nell’infermeria, la stanza era illuminata dalle ampie finestre. Tim era sdraiato in un letto.
“Sta dormendo.” Disse Tibby a bassa voce “Ripassiamo più tard…”
Harmony si avvicinò al letto del ragazzo.
“Ma dove vai…?” domandò l’amica, che le andò dietro.
Harmony guardò il viso del giovane mago, era sereno; proprio come quel giorno nella radura. La giovane strega sospirò, sussurrò: “Tim…” e pensò: “E se fosse… ma che stai pensando, Harmony? E’ qui sta bene. Io non posso perderlo. Io… Io credo amarlo.”
Tibby guardò l’amica.
Harmony aveva iniziato a piangere senza neanche accorgersene.
La rossa sorrise e se ne andò in silenzio.
La giovane strega s’avvicinò ancora di più, e si mise in ginocchio per guardarlo in volto, sorrise mentre sentiva il respirò regolare del ragazzo. Avvicinò il suo volto a quello di Tim. Le labbra di lui, ripensò all’altre volte che aveva sentito il sapore di quelle labbra, era un sapore dolce e forte, proprio come era Tim Drake. Quando era vicino a lui si sentiva diversa, quando era fra le sue braccia si sentiva sicura, protetta. Pochi centimetri, pochi istanti, perché le loro labbra diventassero una cosa sola.
Il ragazzo si svegliò.
Lei si spaventò, e scattò al indietro.
Tim sorrise e sussurrò: “Ciao, Harmony…”
“Ciao, Tim.Ben svegliato.”
“mmm Grazie…”
Lei era un po’ imbarazzata e rossa in volto.
“Ti stavo sognando poco fa.” disse lui.
“Ed era un bel sogno?”
“Se ci sei tu è sempre un bel sogno.” Disse ridendo il giovane mago.
“Tim…” sussurrò lei con dolcezza.
“Si? Harmony.” sussurrò anche lui.
“Che cosa diavolo hai pensato per andare da solo ad attaccare un covo di mangiamorte?” gridò Harmony “Che ti è passato per quella testa bacata? Potevi… Potevi farti ammazzare deficiente.”
“Ehi!! Calma.”
“Lui dice calma.”
“Sono convalescente.”
“Quando ti avrò conciato per le feste sarai convalescente.”
Tim iniziò a ridere.
“Non ridere, stupido.” disse lei mentre tratteneva le risate a stento. “Come stai? Stai bene?”
“Si, nessun problema.” rispose Tim.
Smessò di ridere, la giovane strega si rimise seduta, e guardò gli occhi Tim: “Perché lo hai fatto?”
“Sentivo di doverlo fare. Dovevo farlo per Robin… Stefany e Conner.”
“Vendetta?” gridò Harmony. “Hai rischiato la vita per una vendetta. Come Harry…” disse lei alzandosi.
“Il professore Potter?”
“Sì, io voglio bene a Harry, ma è stato uno stupido per la sua vendetta a dimenticato mia madre, e anche il professor Giles in nome della vendetta a smesso di vivere.”
“Tu non puoi capire, Harmony. Io devo vendicarli, io glielo devo...”
“E' vero non capisco. Sono morti Tim, la tua vendetta non li potrà riportare in vita, in questo modo perderai tutto, la tua vita, la tua anima, e sopratutto me.”
“Tu sei una donna, non puoi capire.”
“Io capisco solo, stupido deficiente, che ti amo, ti prego se tu mi ami. Lascia perdere. Ti prego...”
“Harmony....”
“Tim amami solo questo, non fare gli errori di Harry e di David. Loro vorrebbero tornare indietro, ma non possono, noi siamo ancora in tempo. Se non riesci a dimenticare la vendetta. Allora io non resterò qui a diventare come mia madre.” La ragazza fece per andarsene.
Lui la prese per una mano, lei si voltò e vide Tim affaticato e dolorante.
“Io non ti lasciò.” disse lui “Ti ho trovato e non ti lasciò... tu… ah!!... Tu mi hai fatto provare cose che non ho mai sentito... Io non posso lasciarti andare.... Mentre ero moribondo in quel vecchio castello l'unica cosa che ho pensato è stata non posso morire, senza prima aver baciato di nuovo Harmony.”
Il giovane mago lascia la mano della strega, lui non si sente bene ma lei la riprende, le loro dita s'intrecciano, Harmony s'avvicina a Tim e dolcemente lo bacia.
“Va meglio?” gli sussurrò lei a fiori di labbra.
“Molto.” sussurra lui.
Lei si allontana e gli sorride, un po' rossa in viso.
“Ora capisco cosa provava mia madre quando baciava il suo di eroe. Ti amo Tim.”
“Ti amo anch’io Harmony.” disse Tim, e la prese per un braccio la tiro a se, e lei gli cadde addosso.
I due ragazzi iniziarono a ridere come pazzi e si baciavano, fin quando Tim non sentì un’altra fitta. Harmony si preoccupo, ma lui tornò subito a sorridere.

Harry era dietro la porta, li guardava sorridendo, aveva sentito tutto. Le parole di Harmony lo avevano colpito tantissimo, e mai come in quel momento sua figlia le ricordò Hermione, ma non solo Hermione adulta, professoressa di trasfigurazione, ma Hermione bambina e ragazza.
Si mise a camminare e sorridendo ripensò ai momenti belli passati insieme, ma come tutti ricordava principalmente quelli brutti, ma per lui i brutti erano sempre stati degli incubi reali.
“Chi sono io senza di lei? Chi era Harry Potter senza Hermione Granger?” pensava “Senza di lei ero perduto. Lei è sempre stato il mio raggio di luce nelle tenebre, la spalla su cui piangere, la mia migliore amica e il mio unico e vero… amore.”
Voleva vederla, e sapeva dov’era in quel momento, molto spesso andava a leggere nella torre di astronomia, lo faceva anche quando era una studentessa, se fuori c’era brutto tempo.
Nessuno a parte lui sapeva questo segreto, lui l’aveva scoperto guardando una volta la mappa del malandrino.
Hermione oltre che per leggere, pensare e guardare lo splendido panorama, saliva sulla torre molto spesso per dimenticare le assurde litigate del trio, o anche solo per farsi trovare da Harry e rimanere sola con lui. Rimanere sola con Harry, era bellissimo per lei, potevano parlare, scherzare, o anche solo rimanere in silenzio a guadare il tramonto.
“Quei tempi però sono passati, Hermione.” pensava la strega a guardare la superficie cristallina del lago nero, con le sponde imbiancate dalla neve. “Adesso è così difficile stare da sola con Harry.”
La strega ripensò a quando al sesto anno non era stato Harry a cercarla, ma lei. Era il periodo in cui il giovane mago sembrava più sereno, si era appena messo con Ginny, ma stranamente quel giorno era venuto a cercare la sua migliore amica. Il sole tramontava lentamente sul lago nero, loro erano insieme senza dire una parola.
Poi a un tratto sentirono dietro le loro spalle qualcuno tossire, come a volere attirare l’attenzione, si voltarono e videro il professor Silente sorride loro.
“Ehm scusatemi…” disse l’anziano mago “Sono venuto anch’io a vedere il tramonto.”
Harry sorrise e disse: “Buona sera professore.”
“Buona sera Harry e anche a lei signorina Granger.”
“Sera, professore.”
“E’ bello il tramonto sul lago, ed è veramente raro.” disse Silente.
“Raro? Professore…”
“Sì, Harry, avviene solo una volta al giorno.” disse mago sorridendo dietro gli occhiali a mezzaluna.
Harry capì e sorrise anche lui, Hermione guardava invece la mano destra del professore, e il suo cuore si riempì di tristezza.
L’anziano mago notò lo sguardo della giovane strega e subito nascose la mano sotto il mantello.
Harry allo scuro di tutto disse: “Professor, Hermione; Io devo andare… Ehm ho un impegno.”
“Chiamalo con il suo nome Harry, hai un appuntamento con Ginny.” disse Hermione esibendo un sorriso falso.
“Hermione!!” la rimproverò scherzando Harry e poi salutò: “Buona sera professore ci vediamo dopo.”
“Sì, certo Harry a dopo.” Disse Silente distrattamente, mentre guardava il volto della giovane strega a suo fianco diventare triste.
Harry scappò via tutto contento.
“Signorina Granger, tu sei inn …” cercò di dire Silente, ma la ragazza lo fermò dicendo: “Professore perché non dice a Harry la verità, cioè che lei sta…”
Silente mostrò la mano malata, sospirò e disse: “Lei è davvero una fra le più brillanti studentesse che questa scuola abbia mai avuto, mi ha sempre ricordato Lily, la madre di Harry.”
“Professore, quanto tempo...?” domandò Hermione abbassando il occhi.
“Forse fino a fine anno scolastico, forse un po’ di più.”
“Ci dev’essere qualcosa che si può fare, lei non può…” disse agitata la ragazza.
“…Morire, invece sì. Da quanto tempo l’hai capito?”
“Dalla prima volta che l’ho vista durante il banchetto all’inizio del anno. E’ stato quell’anello non è vero?” domandò Hermione abbattuta.
Silente annuì e guardò Hermione da dietro i suoi occhiali e lei continuò: “Non ho detto niente ad Harry, dopo quello che è accaduto a Sirius… E poi non volevo essere io a dargli la notizia, sono una vigliacca professore!”
“No, non lo sei. Ragazza mia, ti ringrazio del tuo silenzio so quanto ti costa, ma per ora non voglio dire niente ad Harry.”
“Cosa accadrà, se lei lo lascia solo.”
“Signorina Granger.” disse Silente sorridendo “Non hai più fiducia nel suo migliore amico.”
“Ho paura per lui.” Sussurrò la giovane strega.
“Io sono sicuro che possa farcela, gli aspettano prove molto dure, ma so che riuscirà a superarle. E poi non è solo ha molti amici su cui contare e una persona speciale che lo ama.” Disse sorridendo il preside.
Hermione sorrise e diventò rossa in viso.
“Naturalmente non parlo della signorina Weasley. Hermione le fa onore non confessare i suoi sentimenti, ma deve provare una grande pena nel cuore.”
“Professore…” disse Hermione che abbracciò il preside.
Il mago sorrise e accarezzò la testa della giovane strega e disse: “So riconoscere l’amore quando lo vedo. Stagli accanto, avrà bisogno di te...”

“Hermione!!” la chiamò Harry, la sua voce la riporto al presente.
“Harry!!” esclamò lei.
Era una settimana che non si parlavano.
“Scusami, Harry a Edimburgo sono stata…” disse la strega.
“Hermione… Sono stato io a essere uno stupido, lo sono sempre stato.” disse Harry “Sono uno stupido, perchè nonostante tutto quello che tu hai fatto per me. Io... io ti ho sempre data per scontata”
“Harry...”
“Lasciami finire ti prego. Tu ci sei sempre stata, nei momenti belli e in quelli brutti, anche se era pericoloso starmi vicino, e anche quando ti gridavo contro. E io ero cieco e non capivo perché. Hermione è Hermione, mi dicevo. Hermione ci sarà sempre, Hermione l’amica c'è sempre. Come un cretino credo che anche dopo averti donato a Ron, dopo averti cacciato per proteggerti tu saresti tornata sempre da me. Ti ho data per scontata come l'aria che respiro.”
“Vuoi sapere perchè io ti stavo vicino, Harry?”
Lui non rispose e lei continuò: “Ci si può innamorare di qualcuno, ancora prima di sapere bene cos'è l'amore. Io ti amavo Harry, e mi era molto semplice amarti. Ti ho amato su quel treno, perchè eravamo simili, eravamo sperduti entrambi. Ti ho visto crescere, ti ho visto diventare un uomo forte e coraggioso. Ti ho visto perdere la testa per le altre, ma non per me, ma nonostante questo continuavo ad amarti. Tu hai detto che per te la mia presenza era scontata; ebbene per me il mio amore per te era scontato. Ti sono stata accanto per amore, solo per amore, anche se tu non mi avessi mai amato.”
“Io ero talmente stupido da non capire.” disse Harry “Da non capire che anch'io sono sempre stato innamorato di te. Quando eri la mia migliore amica so tutto io, quando mi tiravi fuori dai guai. Quando siamo diventati auror e combattevamo fianco a fianco. Ero innamorato di te, mentre facevamo l’amore in quel sottoscala, quando ti ho rivisto qui, e quando ho scoperto che mi hai dato la più fantastica figlia che un padre possa avere.”
“Per una volta puoi dirlo. Ti prego Harry...” disse lei.
“Ti amo, Hermione...”
Lei non lo lasciò finire, ma gli butto le braccia al colo e lo bacio, con tutta la forza che aveva, con tutta la passione che aveva, con tutta la magia che aveva, con tutto l'amore del suo cuore.
Si separarono solo per riprendere fiato, ma dopo fu Harry a prendere l'iniziava e la bacio di nuovo. L'avrebbe bacia per sempre se poteva. Erano più di vent’anni che aspettava quel bacio.
“Harry, lascimi respirare.” disse la strega separandosi da lui.
“Respirare a che serve respirare se ho te.” Disse il mago.
“Harry...” disse e scoppiò a ridere.
“Hermione...”
“Ehi io ti capisco, ma dammi un po' di tregua.” Disse la strega.
“Non è che mi devi qualcosa, scusami?”
“Ehm... cosa?” disse lei, poi ci pensò su e continuò: “A quello puoi darlo per scontato.”
“Hermione! Sei molto carina lo sai.” disse Harry in modo ironico.
“Grazie signor Potter.”
“Io sto aspettando.”
Hermione sorrise e gli disse: “Hai aspettato tanto.”
Lei lo guardò negli occhi e gli disse: “Harry James Potter io ti amo... io ti amo...”
E ci fu un altro bacio.
Quando si lasciarono, Hermione continuò a dirli a fior di labbra: “Ti amo, ti amerò per sempre.”
“Vieni con me.” disse Harry.
“Dove? Dove andiamo?” domandò la strega.
“Non fare domande signorina Granger. Vieni con me!!” rispose Harry tirò fuori la bacchetta e gridò puntandola al cielo: “Accio Firebolt”
Il manico di scopa dopo alcuni secondi sfondo il tetto magico della torre d’astronomia, e volò nella mano sinistra di Harry.
“Che vuol dire?”
“Vieni fuori, vieni fuori con me. Vola con me, Hermione. Ti prego…”
La strega scompigliò i capelli al mago, come speso aveva fatta da ragazza.
“Ma fuori sta piovendo a dirotto.”
“E’ allora che importanza fa?”
Hermione sorrise e disse: “Nessuna, lo sai che con te verrei ovunque, su un ippogrifo, o ad affrontare i maghi oscuri più cattivi. Tu sei Harry Potter…”
“E tu sei Hermione Granger e io ti amo.”
La strega sorrise.
Lui l’imitò, lasciò il manico di scopa e questo resto a mezz’aria.
Harry ci salì sopra e Hermione davanti. Lui la circondò con le braccia e afferrò la scopa con le due mani.
Hermione gli diede un veloce bacio.
“Lo sai che non volo da quindici anni vero.” disse ironico “Ma dicono che sia come andare in bicicletta.”
“Dimentichi che mi piacciono i giocatori di Quidicth bravi e i domatori di ippogrifi.”
“Bene perché ho intenzione d’andare molto forte, nel cuore stesso della tempesta e pure oltre. Vedremo dove nasce i fulmini Hermione. Voglio regalarti un fulmine.”
“Io ho già il mio fulmine, la mia saetta....”
“Si vola!!” gridò Harry, dandosi un salto in avanti e spiccò il volo. Quando passarono attraversarono il soffitto magico, Hermione chiuse gli occhi nonostante sapesse che non esisteva un vero e proprio soffitto. Li riaprì quando senti le gocce di piaggio bagnarli il viso e poi vestiti, l’aria era fredda, ma non la sentiva, guardava d’innanzi a lei, le nuvole scure cariche di pioggia e di elettricità.
Non aveva nessuna paura, perché stava fra le braccia del uomo che amava.
Il viso di Harry era fiero, coraggioso e determinato.
Hermione lo guardava affascinata nello stesso modo in cui lo guardava quando erano ragazzi, lei conosceva quel volto, conosceva il fuoco che aveva dentro, era stato quel fuoco a farla innamorare.
Lui abbassò lo sguardo, e sorride guardando la strega che lo fissava e le disse: “Che c’è?”
“Niente ti guardavo, sei ancora molto carismatico. Poco fa avevi lo stesso volto che assumevi poco prima di una battaglia. Hai sempre guardato le tempeste nel loro cuore…”
Lui sorrise a quelle parole e la guardò, i capelli erano inzuppati di piaggia, le si erano attaccate al viso, rendendola bellissima.
Volarono per un po’ e poi tornarono alla torre, erano completamente zuppi, ma ridevano.
“Dovremo asciugarci e cambiarci, Harry?” domandò Hermione, non appena toccata terra.
Il mago annuì sorridendo, e si avvicinò a Hermione, guardandola negli occhi, e senza dire una parola, le alzò il mento con due dita, e le diede un fugace bacio sulle labbra.
Hermione aveva chiuso gli occhi e subito dopo il bacio sussurrò: “Harry?”
“Stavo controllando che non fosse un sogno, il fatto che finalmente ehm… stiamo insieme.”
La strega lo guardò stupita e poi disse: “E’ la verità stiamo insieme, non è un sogno.”
I due scesero giù, Harry teneva Hermione stretta a se con una mano sulla spalla di lei.
“Che facciamo con gli altri?” domandò la strega, mentre scendevano le scale.
“Come che facciamo? A proposito di noi due.”
“Ehm sì.”
“Dovremo dirlo?” disse Harry dubbioso.
“Non potremo tenerlo un po’ per noi, ancora per un po’.” disse Hermione.
Harry s’irrigidii e disse: “Non è, Hermione, che tu vuoi tenerlo nascosto perché pensi che non sia una cosa seria.”
“No…” disse lei scuotendo la testa “Non pensarlo neanche. Vorrei solo che fosse una cosa solo nostra.”
Harry ci pensò su e disse: “Ok, sarà il nostro segreto, ma ad Harmony che diciamo, lei dovrebbe saperlo… Ah Hermione dovrei dirti una cosa.”
“Dimmi?!” disse la strega, mentre percorrevano il corridoio.
“Harmony e…” disse Harry, ma un grido della figlia lo blocco.
La ragazza era comparsa dal nulla ed era corsa dalla madre dicendo: “Mammy, mammy è successa una cosa. E’ incredibile! Non ci crederai.”
La ragazza saltava letteralmente dalla gioia, tenendo le mani della madre.
“Harmony calmati che cosa c’è?” le domandò Hermione.
“Tim!! Tim e io ci siamo messi insieme.”
“Come? Tu e Tim. Tim Drake!!”
“Sì, mammy!!”
Hermione era incredula, mentre la ragazza era al settimo cielo e abbracciò la madre, ma poi la lasciò andare subito e disse: “Mammy, perché sei tutta bagnata?” Poi si voltò verso Harry e notò che anche lui era inzuppato. Harmony li guardò con una espressione indagatrice e disse: “Cosa avete fatto vuoi due?”
“Ehm… Piccola.” disse Harry “Siamo andati a farci un volo fuori.”
“Sì, proprio così.” disse Hermione sorridendo.
“Ma sta piovendo forte?” disse la giovane strega.
“Eh sì, ce ne sia accorti solo dopo.” disse Harry sempre più impacciato.
La streghetta mugugnò qualcosa e poi disse: “Voi due non me la raccontate giusta.”
“Harmony piccola, ma dimmi come è stata questa grande rivelazione, come vi siete dichiarati?” disse Hermione.
“E’ successo in infermeria.” rispose la giovane strega, ma poi guardò Harry e sussurrò alla madre: “E’ meglio che ne parliamo più tardi, dopo cena da te, mammy.”
“Sì, piccola…” rispose Hermione.
“Vado non vedo l’ora di raccontare tutto a Tibby.” disse la ragazza che se n’andò di corsa.
“Salvati in calcio d’angolo.” disse Harry con un sospiro di sollievo “Ma come hai fatto?”
“Sono una madre, e sono stata una ragazza. Di certe cose le ragazze non parlano mai davanti agli uomini soprattutto se sono i loro padri.”
“Mi sa che ne devo ancora imparare di trucchi sul essere genitore.”
“Non sai quanti, Harry. E non puoi copiare i miei compiti questa volta.” Disse la strega ridendo.
“Scusa Hermione…” disse il mago e la strinse a se “Ma per quanto tempo mi devi rinfacciare che io copiavo i compiti da te quando eravamo ragazzi.”
“Per molto tempo signor Potter.”
I due si misero a ridere, poi si diedero un veloce bacio e ognuno tornò nei suoi appartamenti.
Harry fischiettava con le mani in tasca mentre camminava. Arrivato davanti alla sua porta, prese la chiave e stava per aprire quando vide Laura e David uscire dalle stanze di quest’ultimo.
Laura baciò David e se ne andò dicendo: “Ci vediamo a cena.”
“Sì…” rispose l’immortale.
La vampira salutò Harry mentre gli passava vicino, e il mago rispose al saluto.
Una volta che Laura sparì da dietro l’angolo; Harry s’avvicinò a David e gli domandò: “Allora tutto bene?”
“Abbastanza. Vuoi venire dentro a bere qualcosa, ho appena fatto il caffè.”
“Sì, volentieri.” disse Harry entrando.
La stanza di David era un disordine impressionante, Hermione ne sarebbe rimasta sconcertata, c’erano libri e fumetti pure sul pavimento o su delle sedie.
“Ma Laura non ti dice niente di questo caos?”
“Mi conosce...” disse mentre versava il caffè in due tazze e domandò: “Caffè macchiato.” e lo diede ad Harry “Sa che per quanto riguarda il disordine, sono fatto così.”
“Conosco una strega che ti ucciderebbe.” Disse Harry e sorrise.
David notò subito il sorriso e disse: “Ah, molto interessante sei felice quando parli di Hermione”
“Ehi è una mia cara amica…”
“Ti brillano gli occhi parlando della tua migliore amica, Potter. State insieme!!” disse l’ultima parte della frase con gli occhi basi guardando la sua tazza di caffè, e girandoci dentro il cucchiaino.
Harry ne rimase stupefatto.
“Ti conosco bene, amico.” continuò David alzando lo sguardo sorridendo e bevendo il caffè.
“Io ed Hermione non vogliamo ancora farlo sapere in giro.”
“Ok, sarò una tomba, hai fatto bene finalmente.”
“Ho paura che potrebbe non funzionare, David.” Disse Harry, per poi bere il suo caffè.
“E’ un rischio che corriamo tutti.” disse rimettendo sul tavolo la sua tazza. “Io non avrei voluto rivede Laura, pensavo che sarebbe stato un errore, non volevo rivederla non perché mi mancasse ma perché…” e sospirò “Perché pensavo che la nostra storia fosse stato un errore, ma quando l’ho rivista, era come se il tempo non fosse passato, in realtà per gente come me e lei non passa, almeno sul nostra aspetto, sul nostro modo di pensare e soprattutto sui nostri sentimenti.”
“Sei nervoso quando parli di lei o di quello che provi, inizi a parlare troppo.” disse Harry sorridendo “Diventi emotivo, sentimentale, persino romantico quando argomento è Laura Ossian.”
David mise sul tavolo la tazza di caffè, appoggiò la schiena alla poltrona e disse: “Mi prendi in giro. Harry per il momento sono felice, ho tutto quello che posso desiderare, ma ho paura degli istanti di felicità… Difendi il tuo amore, difendi Hermione e Harmony, sono sicuro che il destino ci chiederà un prezzo per la felicità che abbiamo adesso.”
“David…”

Tim uscì dall’infermeria il mattino dopo, nonostante Pansy e Neville avrebbero voluto tenere almeno un altro giorno, ma lui fu irremovibile.
Il giovane mago appena fuori si sentì benissimo, aveva avuto l’esenzione dalle lezioni, ma sarebbe andato a prendere Harmony fuori dall’aula alle fine delle lezioni mattutine.
Il pensiero della ragazza, della sua ragazza, lo mise di buon umore, facendolo sorride e poi fischiettare, con le mani in tasca.
I pochi che lo incontrarono per i corridoi quasi non credevano nel vederlo così felice, era davvero strano vedere Tim Drake felice e sorridente.
Ma la sua felicità fu interrotta girando un angolo, vide lontano, appoggiato a una colona con in mano la bacchetta Acrux.
Appena il serpeverde s’accorse della presenza di Tim, si voltò verso di lui.
I due giovani maghi si guardarono.
Tim sguainò la sua bacchetta dalla tasca interna della giacca, respirò profondamente per poi iniziare a camminare, imitato anche d’Acrux.
I due si trovarono l’uno di fronte all’altro, a circa un metro di distanza.
“Cosa vuoi, Acrux? Vuoi combattere? Combattere per lei.” Disse Tim.
Acrux sorrise amaramente e disse: “Se combattendo contro di te, avessi una possibilità di riconquistarla allora lo farei.” E lo guardò negli occhi. “E’ non mi dire che tu non faresti lo stesso. Perché noi l’amiamo entrambi, e amare una ragazza come Harmony Granger vuol dire essere disposti a fare tutto per lei, anche a morire.”
Il serpeverde abbassò lo sguardo, si sposto al indietro di un paio di passi e continuò: “Ma combattere per lei non cambierebbe molto le cose, perché ha fatto la sua scelta, ha scelto te. Ha vinto il migliore Tim. Non farla soffrire, io continuerò a vegliare su Harmony. ” e se ne andò, passando di fianco al griffondoro, che disse: “Grazie, Acrux.”
Il biondo se ne andò.
Tim si voltò e mentre vedeva l’amico percorrere il corridoio pensò: “Sono convinto che un giorno io e te, Acrux, saremo chiamati a difendere quello in cui crediamo, che amiamo, possono solo sperare che saremo dalla stessa parte quel giorno…”

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Veramente carino...ma stranamente non mi piace vedere Arcrux così depresso...e neanche vedere Tim così felice...Naon sò ma Tim era più affascinante quando era nella radura...con quei bellissimi okki tristi!!!
Federica Cappellano

Anonimo ha detto...

scusa ma l'avada kedavra non dovrebbe uccidere subito senza la possibilità di riprendersi ?

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