sabato 17 luglio 2010

Granger Girls

Capitolo trentaduesimo: Giovani Amori


Arrivati a Hogsmeade, Harmony e Tim raggiunsero i Draghi del Crepuscolo, il migliore ristorante del villaggio per soli maghi, che si trovava proprio a fianco al locale di Madama pie di burro.
Non appena entrata la giovane strega non credeva ai suoi occhi, c’erano solo dodici piccoli tavoli disposti tutti intorno alla sala rotonda e tutto era illuminato da candele che volteggiavano, il soffitto aveva lo stesso incantesimo della sala grande di Hogwarts.
Harmony fu quasi messa in soggezione dal lusso e sussurrò al suo ragazzo: “Tim, ma questo posto è… ehm troppo caro e poi so che ci vogliono mesi per una prenotazione. Come hai fatto?”
Il ragazzo sorrise e rispose: “E’ bastata Edvige e Harry…”
“Signor Drake, il suo tavolo è pronto. Se mi volete seguire?”
“Grazie.” Rispose Tim.
Il metrè fece strada portando i due ragazzi fino a uno dei tavoli migliori, quello di cancer, i tavoli erano chiamati e disposti come le costellazioni zodiacali.
Tim da vero cavaliere spostò la sedia e fece accomodare Harmony, per poi sedersi di fronte a lei.
Intanto il metre si era già dileguato.
“Non abituarti, non solo il tipo da certi comportamenti.” Gli mormorò Harmony sorridendo.
“Lo so, ma una volta ogni tanto fammi comportare da gentiluomo.” Disse il giovane mago sorridendo.
“Ogni tanto va bene. Questo posto è magnifico.” E guardò intorno “Ora dimmi che c’entra Harry?”
“Grazie a lui ho avuto un tavolo. E bastato mandare la richiesta con Edvige...”
“Lo sai che mia madre non approverebbe.” Disse lei sorridendo.
“Volevo portati in un posto speciale per il nostro anniversario.”
“Ok, ma la prossima volta andiamo ai tre manici di scopa.” Disse la ragazza “Hai visto che bancone dei dolci che hanno, è enorme, ma quante torte sono...”
Tim sorrise e fece un segno al metre che s’avvicinò subito.
“Signor Drake ha bisogno di qualcosa?”
“Sì, potete metterci da parte una fetta di ogni torta.” Domandò Tim.
“Nessun problema, signore, sarà fatto.” Rispose il metre e di nuovo sparì.
“Di la verità sei un mago oscuro che mi vuoi uccidere con la dolcezza o vuoi farmi ingrassare.” Disse Harmony sorridendo.
“O forse voglio solo renderti felice, soprattutto stasera.” Le mormorò il giovane mago.
“Tim…” sussurrò la ragazza un po’ impacciata e gli prese la mano da sopra il tavolo e la strinse forte forte, per poi guardare il suo mago e gli disse: “Lo sai che ti amo, ma mi sembra cosi poco da dire...”
Lui le ricambiò la stretta intrecciando le sue dita con quelle della ragazza e disse: “Io so cosa provi Harmony, mi basta guardarti nei tuoi splendidi occhi verdi, ogni volta che guardo mi sembra di vivere un’avventura sempre diversa.”
La strega era tanto felice per quelle parole che divenne tutta rossa e gli disse: “Adesso mangiamo ho fame. Chi sa che fanno di buono in questo posto?”
“Prendi quello che vuoi.” Disse Tim e fece segno al cameriere d’avvicinarsi.
“I signori desiderano ordinare?”
“Sì, grazie.” Rispose il griffondoro.
Alla porta intanto.
“Signor Pensevi, bentornato.” Disse il metrè.
“Grazie Arcibal, vorrei avere il mio solito tavolo.” Rispose Will con al braccio Leslei che indossava un abito nero mozzafiato.
“Sì, signore. Faccio strada.” E aprì le tende introducendo la coppia nel locale. “Mi spiace Signore, ma il suo solito posto è occupato e che non ci aspettavamo la sua visita stasera.”
“E’ stata una cosa decisa all’ultimo minuto. Va bene ci accontenteremo, basta che non ci dai un tavolo vicino alla porta della cucina.” Disse Will ridendo.
“Non sia mai, signore.” Rispose l’uomo.
“Sto scherzando, qualunque posto andrà bene.”
“Ecco signore il tavolo del Leone, è l’unico libero.” Disse il metrè portandoli al tavolo vicino a quello di Harmony e Tim.
Le due streghe si guardarono scure in volto, le due ragazze ufficialmente non si erano mai parlate più di tanto, soprattutto dal loro scontro nel club dei duellanti, mentre i rapporti tra Tim e Will erano abbastanza buoni.
“Ciao Tim, Harmony.” Li salutò Will sorridendo.
“Ciao Will.” Rispose Tim che strinse la mano all’altro griffondoro.
“Wow, Harmony, sei bellissima stasera.” Disse Will sorridendo.
“Ehm Grazie…” e poi aggiunse guardando Leslei: “Parkinson.”
“Granger.” Rispose la strega con la stessa freddezza.
Una volta seduti Leseli sussurrò al suo ragazzo: “Non c’è proprio nessuna possibilità di cambiare tavolo?”
“Credo di no…” rispose il mago.
“Potremo andare via?” Propose la principessa dei mangiamorte.
“Sì, ma oggi è la terza settimana del mese e ci sono le ostriche che ti piacciono molto.” Rispose Will sorridendo.
Leaslei sospirò e guardò oltre la spalla del suo ragazzo e vide Harmony ridere, poi d’un tratto gli sguardi delle due streghe s’incontrarono, ma entrambe guardarono altrove.
“Come la odio…” mormorò la serpeverde.
“La Parkinson non la sopporto, sembra che voglia che il mondo le giri intorno, le bionde sono tutte uguali, tutte simili a delle barbi sceme, unica eccezione Buffy.” Sussurrò Harmony avvicinandosi a Tim. “Dovevamo avere proprio lei come vicina di tavolo alla cena del nostro anniversario.”
“Dai non essere così cattiva, non ti si addice.” Le rispose Tim. “E poi non sarà così male se sta con Will…”
“Ah Drake, non mi dirai che la trovi pure carina?” disse la streghetta un po’ nervosa.
“Chi io? Per essere è carina, ma la mia ragazza lo è di più e poi trovo le more più misteriose. Sei un pochino gelosa, signorina Granger?”
Harmony si voltò per controbattere la domanda del suo ragazzo, ma lui le diede un leggero bacio dietro l’orecchio vicino all’attaccatura dei capelli e poi uno sul colo.
“Wow…” mormorò la griffondoro.
“Sei più calma ora?”
“No, se mi baci così è difficili che possa io possa star calma.” Rispose lei sorridendo impacciata e tutta rossa.
Intanto nell’altro tavolo i due giovani maghi usavano il pensiero per comunicare fra loro.
“...potremo cogliere questa occasione per conoscere meglio i nostri nemici, scoprire i loro punti deboli e usarli a nostro vantaggio, soprattutto quando il nostro gruppo entrerà in azione.” Disse Will, intento ad assaporare del ottimo vino elfico.
“Hai ragione come sempre.” Disse Leslei sorridendo.

Sulle rive del lago nero intanto, Ryo, Sherazade e un altro giovane mangiamorte aspettavano.
“E’ in ritardo.” Mormorò la strega. “Non mi piace.”
“Neanche a me. Niente mi piace di tutto questo, soprattutto lui.” Disse Ryo guardando il lago, l’acqua era scura, piatta e priva d’increspature.
Sherazade non rispose e sorrise al seperverde che amava.
“Ma non è uno dei più potenti fra noi terza generazione?” Domandò il ragazzo un po’ sorpreso nel sentire quelle parole proprio dal fratello della figlia del signore oscuro.
“Rosier, puoi essere anche potente quanto Merlino o il nostro oscuro maestro in persona, ma non conoscere disciplina ed è uno psicopatico manico.” Rispose nervoso Ryo “Io non lo vorrei tra i nostri ranghi, ma non abbiamo il lusso di scegliere, e poi…” ma si fermò vedendo distante una luce argentea e intermittente a pelo d’acqua a metà del lago.
“Ecco la barca, finalmente” Disse Sherazade indicandola. “Ci facciamo notare?”
“Certo.” Disse Ryo poi ordino al ragazzo. “Quando sono abbastanza vicini prendi la cima.”
“Sì, signore” obbedì lui.
La strega accese un incantesimo Lumus, per poi si accoccolarsi sotto il braccio di Ryo e gli mormorò: “Fa freddo, mi riscaldi?”
Lui le sorrise e tutta la tensione sparì dal suo volto, e mise una mano sulla spalla dell’amata e la strinse forte a se e le sussurrò: “Va meglio.”
“Sì, molto.” Rispose la strega e gli diede un piccolo bacio a fior di labbra come ringraziamento.
“Grazie, ma non farlo davanti a lui, se sa che sei importante per me potrebbe farti del male per arrivare a me, anche solo per gioco.”
“Credo che ormai tutti sanno io sono la tua ragazza. Perché lo sono?” domandò la serpeverde sorridendo.
“Sì…” rispose lui, anche se per un istante ripensò a Tibby Weasley ubriaca che gli diceva: “Potrei essere tua… la tua ragazza, ma sarebbe sbagliato?”
“Ryo, Ryo…” lo chiamò più volte Sherazade.
“Sì?” rispose.
“Sei distratto non è da te.” Disse sotto voce la serpeverde.
“Scusami.” Mormorò lui.
La barca era quasi a riva, era una quelle usate per far attraversare il lago agli studenti del primo anno, a borgo c’erano due figure avvolte in mantelli neri, uno al timone e altro nel mezzo dell’imbarcazione.
Il barcaiolo da dentro il mantello prese la bacchetta per poi evocare una corda che volò nelle mani del giovane mangiamorte sulla riva.
In pochi minuti la piccola imbarcazione fu tirata a riva, e l’unico passeggero saltò giù e disse: “Grazie Pompós, per la traversata tranquilla e diciamo per la conversazione ehm stimolante.”
Il mago non rispose, limitandosi ad alzare lo sguardo nascosto sia dal cappuccio che dalla maschera d’argento, poi il mago guardò Ryo e accennò un sorriso come saluto.
“Ciao, Parkinson da molto non ci si vede.” Disse il viaggiatore con voce allegra e sarcastica.
“Luther…” mormorò il serpeverde.
“Sharazade, sei sempre più bella.” Continuò Conner.
La strega rimase impassibile limitandosi a guardare il mago, che intanto si era tolto la maschera argento e il cappuccio del mantello, e poi domandò: “E chi è il nostro nuovo amico?”
“Mi chiamo Kenyon Rosier, sono di serpeverde è un onore conoscerla, signore.” Disse emozionato il quattordicenne. “Sono ai suoi ordini, sono il suo attendente.”
“Grazie Kenyon, mi sarai sicuramente utile. Prendi le mie cose, grazie.” Ordinò il giovane mangiamorte sorridendo.
“Certo.” Obbedì e prese le valige con un incantesimo, sollevandole in aria, e la barca ripartì subito dopo.
“Molto bene.” Disse Conner al ragazzo “Rosier, hai detto? Sei parente di Evan Rosier il grande mangiamorte.
“Era mio nonno paterno, signore.” Rispose.
“Stammi vicino Kenyon, ci divertiremo molto insieme.”
Il ragazzino sorrise ed annuì.
Conner allora si rivolse a Ryo e disse: “Kenyon mi ha dato una buona accoglienza, al contrario di te, amico.”
“Tu e io non siamo stati amici, griffondoro.” Rispose il serpeverde con voce fredda.
Conner incurante di quelle parole, guardò le torri di Hogwarts disse: “Mi è mancata, credevo proprio che non sarei mai più tornato. Anche se l’Europa dell’est ha le su attrattive, ma mi mancavano le nostre di streghe.”
“Sai perché ti abbiamo richiamato?” gli domandò Ryo irritato non poco.
“Sì, la principessa vuole creare un suo gruppo di giovani maghi da mettere contro quello della figlia di Harry Potter, e mi avete richiamato dal mio esilio per farne parte.”
“Perfetto. Ora muoviti!!” Gli ordinò Ryo in malo modo e iniziò a incamminarsi con Sherazade verso l’ingresso esterno dell’camera dei segreti, seguito da Conner e da Kenyon.
“A quanto pare non sei contento di rivedermi.” Disse il griffondoro dopo qualche passo.
“Abbiamo bisogno di te, ma se vuoi saperlo io non ti volevo.” Rispose Ryo continuando a camminare. “Non hai classe, ne stile, sei un maniaco, un pazzo maniaco senza disciplina. Non ti avrei voluto.”
“Ma sono uno dei pochi della casa di griffondoro a essere un mangiamorte. Voi serpeverde non sapete usare gli incantesimi del fuoco, non come noi.”
“Pensala come vuoi, ma c’è di più sei tornato perché dovrai vedertela con il tuo migliore amico: Tim Drake”
Conner sorrise malignamente e disse: “Il mio caro e vecchio Tim, Come sta? Si è ripreso dalla mia morte e da quella di Stephany? Non vedo l’ora di rivederlo.” E gli s’accese una luce malvagia negli occhi.
“Avrai occasione. E’ innamorato della figlia di Harry Potter: Harmony Granger.” Intervenne Kenyon.
“Bene.” Mormorò Conner famelico. “Sarà divertente, anche più dell’altra volta.”
Ryo a sentire quelle parole gli si gelò il sangue nelle vene, si fermò improvvisamente e si voltò verso il griffondoro e gli disse con voce decisa e ferma: “Ascoltami bene, obbedirai agli ordini senza discutere, non farai colpi di testa o altre schifezze, o non ci sarà per te un nuovo esilio dorato, ma un fulmine verde.”
“Pensi forse di farmi paura.” Rispose Conner.
I due giovani maghi si fronteggiarono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro.
“Non vorrete combattere, adesso?” Domando loro Sherazade sarcastica. “Certo sarebbe una cosa molto virile, ma sciocca, siamo al interno dei confini di Hogwarts e un duello di magia soprattutto a quest’ora di notte attirerebbe l’attenzione. Volete farci scoprire, dopo che sono anni che restiamo nascosti proprio sotto il naso dei nostri nemici, la cosa non farà piacere a signora Parkinson che è famosa per la sua comprensione.”
Conner sorrise con un ghigno malvagio e disse: “La tua strega non ha solo un bel paio di tette, ma anche del cervello, cosa che il più delle volte non serve a una donna.”
A sentire quelle parole Ryo senza alcun preavviso gli diede un pugno in faccia facendolo cadere rovinosamente su una pozza di fango.
Conner si toccò la mascella dolorante, mentre un rivolo di sangue gli colava da uno dei lati della bocca, e sempre sorridende disse: “Ora ti sei sfogato, e forse lo meritavo.” si rialzò e si ripulì dal fango con la magia.
“Ho da fare adesso, mi auguro di trovare quello che ho richiesto nel letto al mio ritorno.” Disse e trasformatosi in un nibbio per poi volare via.
Ryo era fuori di se.
“Così è pure un animagus?” Domandò Sherazade.
“…E un esperto nella maledizione impero, è un ottimo mago, ma….”
“Cosa voleva nel letto?” domandò la strega.
“Una ragazza…” mormorò Ryo.

Ai draghi del crepuscolo le due coppie parlavano di Quiditch, di manichi di scopa e della scuola, divertendosi molto, ridendo e scherzando.
Poi Will fece una domanda ad Harmony: “Se posso chiederlo com’è essere figlia di due leggende come Harry Potter ed Hermione Granger?”
“Beh all’iniziò fu una vera sorpresa.” Rispose. “In una giornata ho scoperto non solo che mia madre ero una strega e lo ero anch’io, ma che figlia di due eroi per il loro… ehm nostro mondo.”
“Merlino farti vivere da babbana, orribile!” esclamò Leslei “Tua madre non doveva nasconderti d’essere una strega.”
“E’ vero! Non per essere babbana, mi piaceva non era niente di male, Parkinson.” Disse Harmony sorridendole “Quello che mi fece arrabbiare molto fu che mi tenne nascosto tutto, fino al giorno in cui non trovammo davanti a casa nostra dei mangiamorte credevo che mio padre fosse morto in un incidente d’auto e consideravo mia madre una normale insegnante di un piccolo paese, e anche se era la mia migliore amica per me era un pochino noiosa…” e sorrise.
“Tutto si può dire di tua madre tranne che è noiosa.” Intervenne Tim ridendo e contagiando la sua ragazza.
“Mi piace essere una strega, ma delle volte non è facile essere figlia di due maghi così famosi…” Mormorò Harmony.
“Che vuoi dire? Non sei fiera d’essere la figlia del prescelto?” le domandò Leslei un po’ sorpresa, le era stato insegnato che doveva essere orgogliosa d’essere la discendenza di Lord Voldermot e pensava che Harmony provasse lo stesso per il padre.
“Io il prescelto lo chiamo semplicemente Harry.” Rispose la Granger sorridendo alla serpeverde. “A volte è dura, sento tutta la pressione, come se gli altri si aspettino che io sia come i miei genitori. E’ un pochino strano. Harry e mia madre sono fantastici e gli adoro, ma vorrei solo essere una ragazza normale, anche se altre volte lo trovo eccitante e come se faccio parte di qualcosa di tanto grande e meraviglioso, qualcosa per cui andare fiera. Lo so è complicato.”
“Sì, è complicato, meraviglioso e anche molto duro.” Mormorò Leslei annuendo.
“Mi capisci, Parkison?” le domandò la griffondoro.
“Credo di sì.” Rispose e poi le sorrise per la prima volta.
“Posso chiamarti, Leslei?”
“Ehm, sì.” Rispose guardandola e pensò: “Questa è la mia nemica? E’ così simile a me? Ha le mie stesse paure, dubbi e aspirazioni. Non ci avevo mai pensato, è una ragazza come me. No, io non posso essere soltanto una semplice ragazza, ma lo vorrei tanto…”
“Tua madre non sembra male, Leslei?” le domandò Harmony.
“Ah, sì…”
“La mia mi ha raccontato che da ragazze non erano per niente amiche, anzi s’odiavano. Oggi vanno più o meno d’accordo.”
“Una cosa frequente anni fa tra griffondoro e serpeverde.” Intervenne Will.
“Ora le cose vanno meglio.” Disse Tim.
“Tranne per il quidicth.” Disse l’altro ragazzo. “Dove c’è ancora una sana concorrenza.”
“Sana concorrenza?” domandò Leslei “L’anno scorso alla partita di ritorno ci furono tre espulsi e quattro feriti, per non parlare dei danni al campo.”
“Davvero?” domandò Harmony. “Tibby non mi ha raccontato niente.”
“Forse perché fu una degli espulsi per fallo su mio fratello Ryo.” Rispose la serpeverde “Gli fece un occhio nero, lo chiamai mezzopanda per una settimana.”
“Mezzopanda? E’ divertente.” Disse Harmony ridendo e poi aggiunse alzandosi “Leslei perché non andiamo a rifarci il trucco?”
“Rifarci cosa? Perché?”
“Ma non sei mai uscita con altre ragazze?” le chiese la Granger.
La serpe verde scosse il capo e rispose: “Non capisco dove dovremo andare?”
“Di là per sistemarci un po’?”
“Ma perché?”
“Te l’ho spiego io, Leslei.” Intervenne Tim “Voi andate alla toilette cosi vi truccate e sparlate di noi, poveri ragazzi, un po’ di pettegolezzi.”
“Carino Drake, molto carino.” Disse Harmony “Viene Leslei.”
“Mmm ok…” rispose la serpeverde e guardò Will sorridendo, poi le due streghe s’ alzarono e s’allontanarono dal tavolo.
“Tutto bene, Will?” gli domandò Tim.
“Sì, tutto ok.”
“Sai si vede che sei innamorato di lei.”
“Già, non era previsto, non me lo aspettavo proprio.” Disse Will.
“Per me è stato lo stesso, Harmony mi ha cambiato la vita.” Disse Tim. “Le ragazze speciali lo fanno sempre.”

Nella tolette delle signore.
“Mi trovavo in un corridoio della scuola e mi dice che mi ama. Era così dolce, così bello, fu tutto perfetto.” raccontava Leslei appoggiata a un lavandino.
“Ti capisco. Quando ho capito d’amare Tim, il mondo mi sembrò più colorato. Eravamo in infermeria, era stato ferito dai mangiamorte. Ho pensato che lo avrei perso e mi sono ressa conto che non potevo vivere senza di lui, che lo amavo, lo amavo cosi tanto da farmi scoppiare il cuore nel petto.” Disse e poi guardò l’altra ragazza. “Siamo molto fortunate, abbiamo due ragazzi fantastici.”
“Ehm già.” Disse Leslei che poi aggiunse “E’ questo mi fa paura.” abbassando lo sguardo.
“Tutto bene?” le domandò Harmony.
“Niente…”
“In quel niente, mi sa che c’è qualcosa? Ma se non ne vuoi parlare lo capisco, dopo tutto ci conosciamo molto poco.” Disse la griffondoro e aprendo la borsetta. “Hai mai paura?”
“Paura?” le domandò Leslei
“Paura di perderlo, che lui…” rispose, tirando fuori un lucidalabbra.
“Harmony, cos’è quello?”
“E’ lucidalabbra alla fragola.” Rispose la griffondoro mentre lo applicava sulle labbra.
“Luccidache… è un coso babbano? Ma che fai, Granger, è proibito dalla scuola truccarsi!! Pensavo che scherzarsi quando dicevi del trucco.” Disse la serpeverde un po’ allarmata.
“Lo so, lo vuoi provare?” l’invitò Harmony e lo passò alla ragazza.
“Ma tua madre lo sa?”
“No, non le dicco proprio tutto, diciamo che è una mia piccola trasgressione alle regole.”
“A mia madre prenderebbe un colpo.” Disse Leslei sorridendo e prese il lucidalabbra con una luce malandrina negli occhi.
“Allora sarà più divertente, non credi?”
“Molto di più. Dimmi che devo fare?”
“Intingi il pennellino nella tinta.” spiegò Harmony invitandola a provare.
Leslei obbedì e disse: “Così?”
“Sì, brava. Ora rendi le labbra morbide e passacelo sopra lentamente due volte, senza fretta.”
La strega seguì le istruzioni e poi disse: “Mmm è buono…”
“E’ piacerà molto anche a Will fidati. Ora torniamo di la, ci sono due ragazzi ci aspettano.” Disse la giovane Granger e andò verso la porta.
“Ok, Harmony, ehm… grazie.” E la serpeverde la seguì.
Uscite dalla tolette le due streghe sentirono dalla sala una musica molto dolce, lenta e bellissima.
“Che bella.” Disse Harmony. “Cos’è?”
“Debusy, Claire de lune. E’ il mio brano preferito, oh Will…” rispose Leslei.
I due maghi erano in piedi vicino al loro tavolo ad aspettarle.
“Credo che vogliono invitarci.” Disse la griffondoro alla serpeverde.
“Lo credo anch’io.”
Le ragazze avanzarono tra le altre coppie che ballano arrivando fino a raggiungere i due ragazzi che dopo aver fatto un breve inchino le invitarono a ballare.
Le due giovani streghe acconsentirò con una piccola riverenza e con un sorriso appena accennato.
Tim e Will allora le portano quasi al centro della pista e ballavano lentamente lasciandosi andare alla dolcezza della musica.
“Era da natale che non ballavamo, dal ballo del ceppo.” Disse Harmony guardando Tim negli occhi.
“Ah sì? Non lo ricordavo.” Disse il mago.
“Uhm…” mormorò la streghetta abbassando lo sguardo.
“Eri bellissima con il tuo vestito viola e che avrei ballato con te per tutta la notte.” Le sussurrò Tim sorridendo ad un orecchio. “Anche se preferisco ballare così, lenti e abbracciati.”
“Sono d’accordo, come cavaliere eri perfetto allora.” Disse Harmony..
Poco lontano.
“Sei stato tu?” domandò Leslei al proprio ragazzo.
“Sì.” Sussurrò lui. “Sai lo notavo che sei diversa stasera, sembri più serena, più tranquilla. Di cosa avete parlato tu e la tua acerrima nemica?”
“Tante cose, su alcune ho mentito come al solito. Sarà una degna avversaria, ma questo l’ho sempre saputo, un pochino mi spiace doverla uccidere, siamo simili credo.” disse e guardò Harmony e Tim ballare.
“Lo credo anch’io.” mormorò Will.
Harmony lasciò andare la testa sulla spalla di Tim mentre ballavano e mormorò: “Com’è morbida questa giacca.”
“Ehm, sono contento che ti piaccia.” Rispose lui.
“E io sono contenta che tu l’abbia comprata e che non sei tipo da giacche di colori strani tipo arancione o giallo. Non mi sarei mai innamorata di te altrimenti.”
“Bene a sapersi.” Disse lui.
“Tim non è che mentre balliamo qualcuno mi ruba la mia torta alla melassa?” domandò la giovane strega e guardò il tavolo con far sospettoso.
“Ti amo per il tuo essere a volte matura e a volte una ragazzina.”
“Mmm grazie, è un complimento?” Disse e appoggiò nuovamente la testa sulla spalla del ragazzo continuando a ballare.

“Sono tornato a casa finalmente.” Pensava Conner tornato umano. “Sono di nuovo in un posto civile.” Camminava per il sentiero che portava dalla Stamberga Strilante al cimitero di Hogwarts, varcò il cancello e il luogo magico comparve sotto i suoi occhi.
“E’ stato un anno strano questo.” Pensò attraversando il cancello e passeggiando fra le grigie lapidi coperte di neve. “Prima mi sono finto morto, poi le missioni in Romania, Bulgaria, Russia e quel viaggetto in Italia.” Sorrise soddisfatto. “Ma sono riuscito a convertire molti giovani maghi, pronti a entrare nelle nostre file e giovani streghe pronte a molte altre cose. Ma ora credo che la vacanza sia finita. Non vedo l’ora di rivedere il mio miglior amico per mandarlo qui sotto due metri di terra.” E iniziò a ridere.
Poi mormorò: “Dove si trova?” e vide la lapide che cercava, sopra di esse inciso c’era il suo nome s’avvicinò, e pensò sorridendo: “Certo che fa uno strano effetto vedere il proprio nome qui. Povero Dúbailte, la sua unica utilità è stata quella di morire per la causa, o meglio così gli ho detto io, adesso è li sotto al mio posto con i vermi che lo divorano. Cosa non si riesce a fare con un po’ di pollisucco.” guardò alla sua destra e vide un’altra tomba. “Eccoti qui mia amata, Robin.” Mormorò sghignazzando.
“Dev’essere stato Tim a metterti vicino a me? Lui è sempre stato un sentimentale. Teneva molto a te, la sua migliore amica. Chi sa se ci ha mai pensato a te in tutt’altro modo? Non credo proprio, lui è fin troppo perfetto per far questo a me. Io d’altro canto non mi sono mai fatto scrupoli a farmi la sua amata Stefany. Tim Drake sei sempre stato uno stupido.” E iniziò a ridere forte. “E’ folle mi metto a parlare con i morti.” E dietro la tomba di Robin Lefler ne’ notò un’altra. “Stefany ci sei anche tu, stupida puttana che credevi fare? Ricordo come iniziò tutto questo.”

“Io so cosa sei, Conner.” Gli disse Stefany mentre si rivestiva nel deposito degli attrezzi per il Quidicth.
“Tu non sai niente di me.” Rispose il giovane mago mentre si riannodava la cravatta rosso e oro, e la guardò con un sorriso beffardo e aggiunse: “Io so cosa sei e cosa vuoi.” Le la toccò sotto la gonna.
“Smettila!!! Stai Fermo.” Esclamò la ragazza.
“Poco fa dicevi lo stesso, ma ti piaceva, tu lo vuoi, non è vero?” Le mormorò lui a un orecchio ansimando.
“Basta! Non toccarmi…” disse la giovane strega con voce strozzata e cercò di dargli uno schiaffo.
Conner le afferrò il polso e glielo strinse e con uno spintone la buttò a terra come una bambola di pezza.
La strega guardò con odio il giovane mago, senza però emettere un fiato.
Lui sorrise con un ghigno malvagio e cinico e le disse: “A letto ci sai fare e ammetto che c’è una certa soddisfazione a farsi la ragazza del mio miglior amico. Ma non tirare troppo la corda. Tu non sai di cosa sono capace!!”
“Invece lo so.” Rispose la griffondoro sorridendo e rialzandosi e scuotendo via la polvere dalla gonna, andandogli vicino gli mormorò: “So che sei un mangiamorte.”
“Ma che stai dicendo, sei pazza.” Esclamò lui.
“Anche se portavi la maschera ti ho riconosciuto da una foto sul profeta d’alcuni mesi fa. Quando avete attaccato quel negozio di computer a Diagon Alley”
“Stefany tu stai farneticando, io non sono un mangiamorte.”
“Allora non ci saranno problemi se mando un gufo anonimo al ministero.” Disse la strega accarezzandogli il viso. “Ho riconosciuto il modo in cui hai lanciato quell’incantesimo di fuoco. E saputo questo non è stato difficile immaginare il resto.”
Il viso di Conner s’irrigidì, le prese la mano togliendosela dalla faccia e le la strinse ancora più forte di prima.
“Ahi mi stai facendo male. Lasciami.” Esclamò lei.
“Cosa vuoi, sgualdrina?” le domandò con occhi di ghiaccio.
“Vuoi per prima asciami la mano.” Rispose con voce dolorante e al tempo stesso arrogante e spigliata.
“Potrei distruggerti con un semplice gesto.” Disse il giovane mago tra i denti.
“Non credo proprio, ho la mia bacchetta puntata contro qualcosa a cui tieni molto...” Disse Stefany sorridendo sarcastica puntando la bacchetta sulla patta dei pantaloni del ragazzo.
Conner la lasciò andare e quasi contenta gli disse: “Complimenti sei stata molto brava a capirlo. Già per questo potresti essere una di noi? Cerchiamo sempre persone abili e scaltre come te. Dalla nostra parte saresti potente e rispettata. Un giorno il mondo sarà nostro e lo plasmeremo a nostra immagine.”
“Un giorno? Come altra volta? No, grazie preferisco avere qualcosa oggi che la promessa di un mondo domani, e poi di politica non capisco molto.” disse la strega. “Conner, tu sei un Luther. La tua è famiglia ricca, lo siete diventati grazie alla guerra, avete venduto mantelli e bombe di sangue di drago a tutti. Ora se vuoi il mio silenzio voglio almeno diecimila galleoni.”
“Diacimila? Non posso chiedere tutto quel denaro a mio padre…” rispose il giovane mago.
“La cosa non mi riguarda, puoi sempre andare dai tuoi amici dalla faccia d’argento, no?” Gli domandò la strega raccogliendo la sua giacca da terra. “Hai tempo fino a sabato prossimo e per non correre rischi me li porterai a Hogsmeade, come avevamo programmata d’andare per comprare il mio regalo per il compleanno di Tim, tu mi consiglierai, vero? ”
“Come vuoi, Brown.” Mormorò Conner.
“Ti conviene non fare scherzi.” Disse la strega e poi aggiunse “Vado prima io. Non vogliamo che ci vedono uscire da qui insieme, vero? Qualcuno potrebbe pensare male.” E andò verso la porta.
“Sei brava a mascherare la tua natura, ma perché lo fai?” le domandò lui.
“Perché mi riesce molto bene.” Rispose ridendo.
“E Tim? Anche lui fa parte dell’inganno? L’hai mai amato?” le domandò Conner.
“E tu ami davero Robin? Nah non rispondere. Io amo Tim, ma voglio di più...” E prima d’uscire e aggiunse con un mezzo sorriso “E stato bello Conner, e se vuoi saperlo sei più bravo di lui a farlo.” E uscita allo stanzino, andò via.
Dopo qualche secondo, con circospezione anche Conner lasciò il magazzino e per dirigersi alla ingresso della camera dei segreti nel bagno delle ragazze del primo piano.
Entrato nell’antro segreto lasciato da Salazar Serpeverde, vi trovò Pansy, Draco, allora non ancora professore di pozioni, Bael, Ryo e altri importanti mangiamorte, tra cui alcuni membri dei nove, che discutevano del piano per il prossimo attentato.
“Conner sei in ritardo.” Lo rimproverò la regina dei mangiamorte alzando lo sguardo da alcune cartine. “Cosa c’era di più importante di questa riunione?”
“Sesso, mia signora.” Rispose ridendo forte. “Ma abbiamo un problema ben più serio, si tratta di Stefany Brown…” disse il giovane mago avvicinandosi al tavolo per poi spiegare ogni cosa ai maghi oscuri.
“Sì, può essere un problema.” disse Pansy, non appena Conner finì il suo racconto.
“Forse avresti dovuto ucciderla.” Propose uno dei mangiamorte.
“No, invece, hai fatto bene, Conner a non farlo su due piedi.” Disse Pansy “Sarebbe stato difficile da giustificarne la scomparsa.”
“Uccidiamola a Hogsmeade.” Propose il griffondoro.
“Sì, e tutto sembrerà un nostro attentato.” Intervenne Bael. “Puoi farlo tu, Robert.”
Namtor che si limito ad annuire. Lui era membro più forte dei nove, potente mago vampiro della stirpe strigoi, era alto quasi due metri e con molte cicatrici e ustioni, tanto che il suo viso somigliava a una carta geografica con troppi paesi.
“Signore se è possibile vorrei farlo io.” Intervenne Conner. “Dopo ho subito un’offesa molto grande.”
“Va bene, sarai tu a ucciderla, ma fingeremo pure la tua morte.” Disse Pansy.
“Come, mia signora? Che-che vuol dire questo?” domandò il ragazzo sorpreso.
“Forse altre persone sanno che tu e la Brown sarete insieme sabato, e se tu dovessi sopravivere sicuramente attireresti dei sospetti, e non possiamo permetterlo.” Rispose la strega e poi disse a Bail “Possiamo trovare qualcuno che voglia prendere il posto del nostro Conner e immolarsi per la gloria dell’oscuro signore.”
“Certo, abbiamo molti che saranno ben lieti di farlo.” Rispose il mangiamorte con voce fredda.
“Bene, naturalmente dovrà prendere della polisucco per prendere l’aspetto di Conner.” Disse Pansy e poi al griffondoro disse: “Tu partirai subito dopo, un viaggio per consolidare i rapporti con i nostri alleati, ti faremo chiamare se avremo bisogno.”
“Sì, signora.” Rispose Conner un po’ amareggiato.
“Bael voglio che alcuni dei nove siano visti a Hogsmeade poco prima dell’attacco, voglio che tutti sappiano, e che il ministero non può nulla per ferma i nostri uomini migliori.” Disse Pansy.
“Sarà fatto.” Rispose il custode soddisfatto.
“Come procede la nostra ricerca?” domandò la strega cambiando argomento.
“Piuttosto bene, abbiamo ristretto il campo a una decina di posti.” Rispose Ryo che fino a quel momento era rimasto in silenzio, nervoso per il comportamento spavaldo di Conner.
“Controllateli tutti. Dobbiamo sapere al più presto dove si nasconde la Granger.” Disse Pansy “Trovarla, è l’unico modo per far uscire allo scoperto il nostro nemico.”

Le due coppie finita la cena tornarono a Hogwarts.
“Le tue labbra sanno di fragola, buono.” Disse Will a Leslei dopo averla baciata al portone della scuola.
“Ti piace?” domandò la ragazza.
“Sì, molto, riesci sempre a stupirmi. Ci si vede domani. Notte.” Rispose lui sorridendo.
Prima di tornare nel sotterraneo di serpeverde, Leslei lanciò uno sguardo d’intessa ad Harmony che passava in compagnia di Tim.
La grifondoro le sorrise e la saluto con un semplice gesto.
“Che c’è?” le mormorò Drake che aveva visto tutta la scena.
“Niente, una cosa fra ragazze, non puoi capire.” Rispose la strega.
“Ah sì. Hai dei segreti per me che sono il tuo ragazzo?”
“Sì, ma so anche farmi perdonare.” rispose e gli diede un leggero bacio.
Leslei scendendo le scale che portavano al sotterraneo, canticchiava felice uno dei motivetti dei Draghi del crepuscolo, pensando: “Questa sera è stato molto bello. Mi sono proprio divertita, che strana questa cosa babbana del lucidalabbra devo chiedere ad Harmony dove lo posso comprare. Harmony non è proprio come…” e si fermò in mezzo alla scala. “Un attimo Harmony Granger è la mia nemica. Suo padre a ucciso il mio. E’ mio dovere ucciderla per onore e vendetta, e così da dimostrare d’essere migliore di lei, ma soprattutto per far soffrire Potter. Questa serata mi ho capito che è debole. Le sue motivazione siano inconsistenti, non ha la disciplina per essere come me, ne’ la forza… Come ho mai potuto pensare che io e lei fossimo simili? Io sono nata per realizzare il sogno di mio padre, per portarlo a termine, mi sono addestrata e forgiata per essere un degno capo dei mangiamorte. La Granger fino a poco tempo fa neanche sapeva d’essere una strega, conosco a memoria tutta la mia discendenza da Salazar Serpeverde fino a mio padre.” E iniziò a recitarla sotto voce mentre scendeva le scale in pietra.

“E’ stato bello dovremo rifarlo…” disse Tim davanti la porta dell’appartamento di Hermione, dove aveva riaccompagnato Harmony.
La ragazza gli era davanti, lo guarda emozionata e rossa in viso, e gli disse: “Festeggiare l’anniversario di nuovo ai draghi del crepuscolo o uscire in quattro con Will e Leslei?”
“Sono simpatici, e poi ti sei divertita. Leslei Parkinson è…”
“Non osare dire che è carina signor Timothy Drake.” Disse la strega sorridendo.
“E’ carina, ma non è carina quanto te, signorina Harmony Granger. Nessuna è carina quanto la mia ragazza.”
“Bene ricordatelo.” Disse lei e poi aggiunse. “Hai detto che non è carina quanto me, però pensi che sia carina?”
Tim sorrise e disse: “Ragazze, chi vi capisce è bravo…”
“Ah perché voi ragazzi siete facili da capire, vero?” Disse fingendosi offesa. “Avreste bisogno di un manuale di istruzioni…”
“Harmony?”
“…no davvero, siete assurdi, completamente folli.” disse la giovane strega parlando a raffica.
“Harmony, non mi stai rendendo le cose facili stasera. Lo vuoi il bacio della buona notte?” le domandò Tim ridendo.
“Sì.” Mormorò Harmony un po’ rossa in viso.
Tim la baciò leggermente e poi le disse: “Buona notte.”
Lei sorrise e gli propose: “Perché non entri potremo vederci un film? Restare svegli fino a tardi?”
“Non lo so Tua madre non c’è. Che film ci vediamo?” domandò il giovane mago.
“Un film di paura, pieno di scene spaventose. Cosa ne pensi?” rispose la griffondoro.
“Mmm, sai che è carina l’idea un horror a mezzanotte. Ma domani non hai lezione?”
“Ehm dalle dieci in poi e sono che neanche tu hai lezione. Dai resta lo vorrei tanto.”
“Ok, vediamo questo film.” Disse Tim sorridendo. “Anche se so che tu non avrai paura.”
“A molte ragazze gli horror non fanno paura; a volte è l’unico modo per farci abbracciare senza passare per ragazze facili.” disse Harmony e prese la chiave dalla borsa aprì la porta e fece strada entrando.
“Siete tremende…”
“Dai entra Drake.” Disse e lo fecce accomodare dentro l’appartamento disse: “Ti dispiace se vado a cambiarmi, queste scarpe iniziano a farmi male.”
“Nessun problema, io mi tolgo la giacca così smetto di far paura a Bastet.”
“Non capirò mai perché la mia gattina a paura di te con una giacca elegante.” disse la giovane strega mentre andava verso la stanza da letto di sua madre.
“Preparò il pop corn, ok?” le domandò Tim.
“Sì, perfetto” rispose e sparì nel piccolo corridoio.
Il mago entrò nella piccola e inutilizzata cucina dalla professoressa di trasfigurazione e cercava un recipiente per mettere alimento principale da film.
Dopo qualche minuto di ricerca lo trovò finalmente, ma sentì la voce di Harmony che lo chiamava: “Tim ehm… puoi venire un secondo di qua, per favore?”
“Certo…” rispose lui e andò nella stanza da letto.
Una volta entrato non riuscì a credere ai suoi occhi.
La giovane strega era in piedi accanto al letto matrimoniale della madre, con indosso solo la biancheria intima.
“Oh, cosa vuol dire? Perché?”
“Non lo capisci, Tim? Io… Io… voglio…” rispose Harmony avvicinandosi a lui.
Il ragazzo la guardò, era terribilmente sexy, provocante e innocente al tempo stesso.
La strega lo baciò dolcemente e gli prese la mano, appoggiandola sul seno sinistro.
Tim ebbe un sussulto di gioia e stupore toccando il corpo della sua ragazza così morbido e caldo, e sentì il battere forte forte del cuore di lei.
Confuso la guardò e mormorò dolcemente: “Harmony...”
La giovane strega alzò per ma prima volta gli occhi, intimidita e indifesa disse: “Shhh Niente parole, Tim, per favore… ehm dopo, dopo.” e lo portò sul letto, dove lo baciò nuovamente questa volta in modo più appassionato; per poi lasciarsi andare sdraiandosi con il ragazzo sopra di lei.
Lui la baciò sulle labbra, sulle guance e poi sul colo, sulla spalla e le abbassò una delle spalline del reggiseno.
L’odore e il sapore della pelle di lei lo inebriava e lo faceva impazzire.
Harmony per emozione era rossa in viso e ogni bacio di Tim le dava i brividi e la pelle d’oca. Poi affannosamente cercava di aprire i bottoni dalla camicia del ragazzo.
Voleva sentire il contato della loro pelle, il suo calore, ne aveva bisogno, un bisogno egoistico e primitivo.
“Tu sei il mio angelo capriccioso. Un sogno, sei il mio sogno.” Le sussurrò lui a un orecchio, poi alzatosi sulle braccia, le guardò in volto.
Lei aveva gli occhi chiusi, le guance rosse rosse.
Le sorrise e le diede un delicato bacio a fior di labbra, allora s’accorse che qualcosa che non andava, vide una lacrime, una lacrima che scendeva attraverso il viso della ragazza.
Il giovane mago si spostò nell’altro lato del letto, e si riabbottonò la camicia.
Harmony riaprì gli occhi e mormorò: “Tim?…”
“Perché? Perché vuoi fare l’amore con me?” gli domandò lui con gli occhi bassi.
“Perché ti sei arrabbiato? Ho fatto qualche errore? Non sono co…”
Il giovane mago sospirò, sorrise e mormorò: “Harmony tu… lo vuoi davvero?”
“Sì, lo voglio, voglio te....”
“Forse è vero, ma non deve accadere così, voglio che si speciale per entrambi. Ora mi spieghi cosa ti è saltato in mente?”
“…Ho saputo di te e Stephany voi vi amavate, tu e lei l’avete ehm, ho pensato che…” disse la ragazza abbassando lo sguardo. “… pensato che mi avresti lasciato, se io…”
Tim la guardò scuro e poi sorrise: “Cosa? Lasciarti? Stai scherzando? Fammi capire bene, occhietti verdi: hai pensato che se non lo facevamo, io ti avrei lasciato?”
“Tu sei un ragazzo…”
“Sì, sono un ragazzo, ma non vado mica in giro come un cane in calore.” disse il giovane mago iniziando a ridere.
“Harmony ascoltami bene.” Le disse serio e accarezzandole il viso e poi per gioco le rialzò la spallina.
“Ti amo. Vorrei fare l’amore con te più di qualunque altra cosa al mondo, ma solo quando tu sarai pronta e voglio che tutto sia essere perfetto. Farlo è un gesto d’amore e non dev’essere spinto dalla paura o da altre cose, ma solo dal sentimento è l’unica cosa importante.” E sorrise dolcemente appoggiando la mano su quella di lei. “T’assicuro poi che io non andrò da nessuna parte e ti aspetterò, capito testolina pazza?” e le spinse dolcemente col la punta dell’indice la fronte, e i due iniziarono a ridere.
“Vado a mettermi il pigiama adesso ho un pochino di freddo.” Mormorò Harmony e s’alzo dal letto.
“Io invece stranamente per niente.” Le disse il ragazzo.
“Resti lo stesso a vedere il film, vero?” disse la strega.
“Sì, certo non mi perdo un horror con te.” Rispose lui alzandosi.
La ragazza preso il suo pigiama preferito da un cassetto e andò in bagno per tornare dopo qualche minuto Harmony tornò pronta e come una bambina si lanciò con un saltò sul letto, mentre Tim inginocchio davanti alla tv inseriva il dvd.
“E’ pronto il film?” le domandò lei.
“Sì, ma ancora il porc corn? Vai tu?”
“Sì nessun problema.” Rispose la Granger Girl alzandosi di corsa per uscire dalla stanza.
“Harmony” la chiamò Tim “Lo sai sei bellissima?”
Lei sorrise, era la frase che le aveva detto al loro primo incontro, quando lui l’aveva salvata da Ryo nelle docce del campo di Quidicth.
“Ehm Grazie…” rispose la giovane strega e si lanciò di nuovo sul letto, gli prese il viso fra le mani e lo baciò, poi a fior di labbra gli disse: “Ti amo. Tu sei il mio eroe.”
“La mia piccola eroina dalla testina pazza e dagli occhietti verdi.” Mormorò lui, accarezzandole il viso.
“Tim…” disse lei dolcemente. “Vado a prendere il porc corno.”
“Ok..”
Poco dopo i due ragazzi erano entrambi sdraiati sul letto e guardavano il film, e si addormentarono insieme.

Will si svegliò, qualcuno lo aveva baciato e aperto gli occhi vide il viso di Leslei di fronte a lui.
“Ciao…” mormorò ancora assonnato “Che ci fai?”
“Non riuscivo a dormire.” Rispose la strega avvolta in un mantello dell’invisibilità .
Lui s’alzò, mettendosi seduto nel letto e le sorrise.
“Ho pensato che potevi farmi compagnia? Potremo andare in infermeria e lì giocare un pochino. Che ne pensi?”
“Va bene, dammi il tempo di vestirmi. Ma non hai freddo?” le domandò Will notando che non portava quasi nulla sotto quel indumento magico.
“Non ho quasi mai freddo, ho un po’ di sangue elfico nelle vene…” rispose Leslei.
Usciti in silenzio dal dormitorio di griffondoro, con indosso il mantello dell’invisibilità attraversarono scesero le scale della torre e dopo poco arrivarono nell’infermeria deserta, allora la giovane strega fece sedere il ragazzo su uno dei letti vicino alla finestra.
E s’allontanò da lui di un paio di passi, allora lasciò cadere il mantello, sotto il quale portava una semplice tunica bianca che sembrava brillare agli argentei raggi della luna piena.
“Cosa c’è? Perché ridi?” domandò la strega un po’ emozionata al suo mago e gli andò vicino.
“Sei bellissima…” mormorò il griffondoro.
“Grazie d’averlo notato.” sussurrò lei.
“Mi piace lo sguardo che fai poco prima di b…”
Leslei non lo fece finire e lo baciò con passione sempre più forte, poi lui le strofinò le labbra sul mento e sul colo.
La ragazza rabbrividì e gemendo sussurrò: “Will… Will voglio… la tua boc…bocca.”
Il ragazzo allora le abbassò piano le due spalline della tunica in seta e la lasciò scivolare sul corpo fino a farla cadere a terra.
Leslei nuda gli sussurrò con un fremito nella voce : “Ti amo, Will.”
Era imbarazzata e felice, si sentiva persa, indifesa, e amata
Guardando gli occhi scuri e selvaggi di Will capì che l’amava, e ne ebbe un po’ paura, perché sentiva di non essere mai stata amata in quel modo, sentiva di non poterne più fare a meno.
Quel ragazzo in pochi mesi era diventato il suo un rifugio, un luogo sicuro dove poter essere se stessa. Ma al tempo stesso Will Pevensie restava un mistero, non sapeva nulla del suo passato, ma qualcosa le diceva che aveva sofferto, sofferto per un tempo lunghissimo.
“Tutto bene, amore?” le sussurrò.
“Sì, solo se mi baci…”
La baciò di nuovo, stringendola a se, e toccandola con passione.
Poi nudi entrambi in fretta entrarono fra quelle calde coperte e si coprirono completamente come in segreto gioco a nascondino tra giovani amanti, si trovarono e ridevano come due bambini che stavano per fare il più divertente e misterioso dei loro giochi, fatto di baci, gemiti, carezze e sussurri.
Lui andò sopra di lei, e la ragazza si sentì protetta e amata come non mai.
La baciò e le sussurrò: “Ti voglio, Leslei, ti desiderò.”
“Io sono tua, tua per sempre.” rispose la giovane strega, prima di lasciarsi andare alla passione.

Carne e sangue contro legno, un bussare forte contro la porta di quercia della stanza da letto del professore di difesa a Hogwarts.
“David!! David aprì presto!! David per Merlino…” gridava Neville bussando sempre più forte.
Quei colpi martellanti raggiunsero il sogno di Laura, nei sogni la vampira eterna sedicenne era tornata una nobile fanciulla di fine settecento, felice con suoi genitori, i suoi fratelli e sorelle nell’antico castello di famiglia a Korrigan nella Francia del nord, le lunghe gite in carrozza nei loro possedimenti, le feste sfarzose e ricchi balli, poi le fiamme, le grida, la folla della rivoluzione e infine il bacio nero della sua madre di tenebra: Nicole Bathory.
Il martellio continuò. Laura aprì gli occhi, si guardò intorno, mentre sentiva il sapore acre della sete in gola, buttò da una parte le coperte, s’alzò e nuda prese la sua vestaglia di seta rossa, dopo averla indossata andò verso la porta e aprendola disse: “Neville che c'è? Sperò sia importante?”
“Laura? Tu? Dov’è David? E’ qui?” disse il mago trafelato e un imbarazzato.
“Sì, aspetta che lo chiamo. Entra.” Rispose lei tranquilla.
“Io credevo che non dormisse mai?” domandò il professore di erbologia entrando nella stanza da letto.
“Non dorme… ma diciamo che si lascia andare dopo...” rispose Laura dando le spalle al mago.
“Oh.” Esclamò sottovoce Paciock.
“Che succede? Neville?” disse una voce proveniente dal letto, David era seduto sul letto.
“Ci sono dei centauri, uno di loro è ferito.” Spiego lui..
Giles mugugnò qualcosa di incomprensibile e disse: “Arrivò, dammi qualche minuto per vestirmi.”
“Grazie...” disse il mago e uscì e l’immortale si alzò e si vestì.
Laura lo guardava con aria severa, appoggiata con le braccia conserte.
“Sei sicuro di riuscirci?” domandò la vampira in un sussurrò.
“Sì e poi solo io so che fare.” Rispose in un sussurrò quasì non detto.
Passò un lungo momento i silenzio tra i due e Laura disse: “Le coppie normali dormono insieme e poi l’indomani fanno colazione. E... e invecchiano insieme.”
David continuò a vestirsi, allacciandosi la cintura, e poi sorrise dicendo: “Io so solo che ti amo, oltre ogni cosa.”
“Anche oltre i miei marchi, David?” disse Laura “Sì, anch'io ti amo, Giles, mio uomo, mio padrone, mio servo. Je amie pour eternitè.”
“Je aussi Madame et merci...” disse il mago in un francese.
“Hai ancora una pronuncia orribile dopo tanti anni e dopo che hai vissuto a Parigi.” Disse la vampira sorridendo “Parli ancora francese come un inglese, cioè da schifo.”
“Lo dici sempre, ma sbaglio o dici lo stesso di come viene parlato il francese in Franci d’oggiorno che è solo un imbarbarimento della lingua di un tempo.” Disse David sorridendo “Mi piace quando parli la tua lingua anche se succede di rado.”
“Puoi dire che non lo faccio quasi mai.” Disse Laura imbarazzata
“Poco fa l'hai fatto.”
“Quello non è parlare.” Mormorò lei.
“Meglio andare.” disse David.
Laura si tolse la vestaglia e si vestiti in pochi secondi.
Usciti dalla stanza i due raggiunsero sala grande in pochi istanti.
Lì davanti al tavolo dei professori si trovavano: la preside, Neville e Florenzo, re dei centauri, Chirone suo figlio ed erede al trono, Micene capitano delle guardie e capo dell’essercito del regno, e sua moglie Alseidi una bellissima centaura dalla pelle olivastra e dai capelli color pece.
“David Giles.” disse il sovrano della fiera razza degli esseri metà uomini metà cavallo “E' bello rivederti tornare fra queste mura. Ricordi Chirone, mio figlio?”
“Sì…” rispose il mago e disse rivolto al giovane principe: “Ciao ragazzo, forse non ti ricorderai di me, eri un puledro ultima volta...”
“Grazie, signore, mi ricordo lei è stato il primo ehm due gambe che ho visto.” Disse Chitone.
David gli sorrise e gli disse: “Ora sei pronto per la tua prima battaglia.”
“Mi auguro di far onore a mio padre e a tutto il mio regno quel un giorno.”
“Ci sarà sicuramente occasione, guerriero.” Disse David e si rivolesse all’altro centauro “Micene da quanto tempo?”
“Troppo capitano.” Rispose lui.
“Chi è il ferito?” domandò il mago immortale-
“Mio figlio, Argo.” Rispose Micene e fece cenno ad altri centauri che portarono un giovane ferito gravemente e con una zampa tagliata di netto.
“Io non so che fare, forse tu?” intervenne Neville.
Il mago immortale annuì e poi disse con voce fredda e cupa: “Conoscete delle condizioni di vostro figlio, non è vero?” ed esaminò le ferite.
Il giovane centauro mugugnò qualcosa, guardando David.
Lui gli sorrise e gli disse nella lingua dei centauri: “Calma Argo, figlio di Micene, non avere paura e non sforzarti, io sono David Albus Giles, figlio di Thomas, e avrò l’onore di essere il tuo foreys.”
Il puledro sussurrò: “Gra…zie, signo..re.”
Il mago sorrise e gli accarezzò il viso e poi una leggera pacca sulla spalla e gli disse: “Andrà tutto bene”
Alseidi, la madre appoggio la testa alla spalla del marito e iniziò a piangere.
Micene la rimproverò dicendole nella loro lingua: “Moglie nostro figlio è un guerriero, non deve sentire adesso il pianto di una donna.”
“Non è un guerriero non ancora, è mio figlio.” Rispose lei.
“Com'è successo?” domandò in inglese David rialzandosi.
“Una trappola, una vile trappola.” rispose Chitone. “E'.. era il mio migliore amico. Eravamo a caccia nella foresta, è caduto in una trappola magica, non sono riuscito a fare nulla.”
David respirò profondamente il suo volto si fece duro e disse: “Era nostra, di noi maghi.” e poi aggiunse “Forse mangiamorte a caccia d'unicorni.”
“Come possiamo aiutarlo? Se hai bisogno conta su di me. ” domandò Neville.
“No.” rispose lui e guardò nuovamente il giovane centauro il quale aveva uno sguardo fiero e orgoglioso nonostante le ferite e cercò di dire: “Da...vid Giles... io…”
Il mago annuì.
“Son con...tento che sarà un er...oe a farlo...” disse Argo e tossì sangue scuro.
“David se dobbiamo fare qualcosa. L’effetto delle droghe sta finendo” domandò Neville. “Cosa vuoi fare, potremo chiudere la ferita.”
“Non sono venuti per cercare un guaritore, Neville, ma un killer, il foreys in greco antico vuol dire portatore, per i centauri portatore di morte, e per tradizione non dev’essere uno di loro.” disse freddamente Giles e si inginocchiò e a voce bassa disse nella lingua del puledro: “Sarò rapido. Sei pronto, Argo?”
“Si sign…” rispose e lo guardò negli occhi.
“Questa è una follia, David! Non puoi ucciderlo, è solo un ragazzo. Sono sicuro che possiamo aiutarlo.”
“No Neville, morirebbe in modo atroce, sono le loro tradizioni, i loro costumi...” rispose e poi si rivolse ai centauri sempre nella loro lingua. “Portategli una spada perchè possa stringerla in pugno.”
“Io non… so.. ancora u.. guerr…” cercò di dire.
“Ho detto una spada per un guerriero.” Disse l’immortale questa volta in inglese. “Lui deve entrare nella sala dei gloriosi.”
Chirone si avvicinò e sguainata la sua spada la diede al mago e gli disse: “Grazie di dare gloria al mio migliore amico.” E poi ad Argo. “Tienimi il posto vicino a te nella sala, fratello.”
“All…ra mi racc..onter… le storie della tua glo…ria, le tue batt…aglie.” Mormorò dolorante il giovane centauro.
David guardò Laura, e lei gli passò un antico pugnale d’oro.
Il mago sorrise un’ultima volta al puledro e gli chiuse gli occhi con una mano, senza indugio gli trafisse il cuore e gli mormorò: “Eterna Gloria, giovane guerriero.”
Argo morì sorridendo e senza provare alcun dolore.
Sua madre Alseidi urlò e pianse tutte le sue lacrime, mentre Micene guardò orgoglioso il figlio per poi abbassare il capo mentre cantava una antica canzone epica della sua famiglia, e ringraziò David, mentre il mago gli dava il pugnale ancora sporco di sangue.
“Laura, vieni con me?” domandò il mago.
“Certo, anche stanotte c’è la luna piena gli unicorni andranno a bere al lago nero.”
“Se andate a uccidere i cacciatori vengo anch’io.” Intervenne Neville.
“No, non è una tua battaglia.” Disse David.
“Se per questo neanche la sua signor Giles, sua o di Lady Ossian.” Disse Chirone.
“Lady Ossian…” mormorò divertita Laura.
“Per me Argo era come un fratello, sognavamo le nostre battaglie fianco a fianco, la vendetta e il sangue dei suoi assassini è più mio che vostro.”
“Quanti anni hai, puledro?” gli domandò Giles.
“Ho sedici dei vostri anni. Sono pronto alla battaglia. Il vostro Harry Potter aveva…”
“Mmm… No, non ti porto con me, non questa volta almeno.” Disse David dandogli le spalle.
“Ma signor Giles…” disse Chirone.
“Niente, come ti ho detto avrai molte battaglie per provare il tuo valore, ma non questa, non sta notte.”
“Ma perché? Voglio saperlo.”
“Non ti devo nessuna spiegazioni giovane principe.” Disse il mago poi alla Mcgrannitt “Torneremo prima dell’alba, preside.”
La strega annuì.
La vampira e il mago percorsero tutta la sala grande per poi uscire.
Chirone era seccato e visibilmente innervosito da quel rifiuto, per la rabbia strinse i pugni.
“I giovani centauri scalpitano per avere le loro prime battaglie, Minerva.” Disse Florenzo senza farsi sentire dal figlio poco distante. “Vivono sentendo le leggende delle nostre antiche imprese e della guerra di un anno. Voglio essere come Harry, Ron, Draco o Neville. Essere degli eroi onorati e rispettati, ma non sanno la verità. La loro giovane età…”
“Lo so, ricordo che i ragazzi della guerra di un anno. Loro volevano essere degli eroi, Florenzo.”
Neville si avvicinò a Chirone e gli mise una mano sulla spalla e disse: “So come ti senti, anch’io sono stato lasciato indietro una volta.” E sorrise.
“Ma poi avete provato il vostro coraggio in battaglia.” Disse il puledro.
“In battaglia il coraggio è importante, ma a volte anche essere prudente lo è, sapere dove si può arrivare e riportare a casa la pelle.”
“Io vorrei solo sapere perché?”

David e Laura dopo essersi vestiti con abiti più pesanti, uscirono dal castello per entrare nella foresta proibita.
“E’ buio pesto, nonostante la luna piena.” Mormorò il mago dopo aver fatto pochi passi dentro la boscaglia.
“Sarebbe un problema per persone normali, ma non per noi.” Disse sorridendo Laura “Questa foresta, come il lago nero, sono le protezioni e i confini principali di Hogwarts, l’hanno protetta fin dalla sua fondazione, ma restano luoghi misteriosi, qui la magia sembra appartenere solo a creature non umane o non del tutto.”
Il mago immortale e la vampira si muovevano veloci e senza fare rumore, d’un tratto si fermarono, David si mise inginocchio a osservare un’impronta larga e profonda.
“E’ fresca.”
“Mmm.” Fece Laura e osservò delle foglie verdi cadute e qualche ramoscello spezzato, per poi mettersi ad annusare l’aria con il vento a favore.
“Sono in sei, anzi no…” disse David rialzandosi.
“…Sette.” Lo corresse la vampira.
“Sette.” Ammise l’immortale sorridendo.
“Ehi se mi fai vincere non c’è gusto.”
“Sembra Bastone.” Disse con un filo di voce David.
“Lo pensavo anch’io, un bosco e la caccia…” disse la vampira e ricordò quel 23 dicembre del 1944, l’apice della battaglia di Bastone, e per loro due il giorno dei marchi.
Lei e David ero dietro le linee nemiche, erano rimasti isolati dopo aver affrontato dei Toten Mask nazisti. Lui era stato ferito alle gambe, al epoca non era ancora immortale; mentre lei era cieca per effetto di un Lumos troppo potente, portava il mago sulle spalle in mezzo alla foresta innevata.
“Sai una cosa?” le sussurrò Giles.
“Sì, dimmi.”
“Dovresti lasciarmi qui, dopo aver bevuto il mio sangue.”
“Stai scherzando? Non ti abbandono e non ho intenzione di prendere niente da te. Il tuo vitae avrà sicuramente un brutto sapore amaro e acre come il tuo caratteraccio.” i due iniziarono a ridere. “E poi non andrei lontano senza di te, non ci vedo.”
“Laura so che sono giorni che non…” cercò di dire lui.
“Ce l’ha faccio, ho fatto diete peggiori. Parliamo d’altro. David? David!!”
“Ehm sì, mi stavo riposando gli occhi.”
“Non dormire potresti non risvegliarti più. Continua a parlarmi. Secondo te chi vince il campionato di quidich il prossimo anno? I Cannoni?”
“Sì come no, solo Uther Weasley può tifare per quei brocchi. Perché dopo questa guerra non torniamo a giocare eravamo bravi io e te.”
“Non è una cattiva idea, e dove vorresti giocare?” domandò Laura mentre arrancava nella neve.
“Mmm forse nei Pipistrelli di Ballycastle e tu?”
“E’ una buona squadra mi sa che ti seguo, non posso lasciarti solo.”
“Laura… ehm io non ti ho… mai ringraziato per essermi… stata accanto dopo la morte di…”
La vampira strinse gli occhi e disse: “Prego Giles.”
“Laura c’è una… caverna alla nostra… destra. Potremo rifugiarci li sta iniziando a nevicare.”
“E’ una buona idea, la migliore che hai avuto oggi. Guidami fin laggiù.” Disse la vampira cambiando direzione e aumentando il passo.
Dentro la caverna, Laura fece sdraiare David e si guardò le gambe, il freddo non gli faceva sentire il dolore nonostante le ossa rotte gli avessero trapassato la carne.
“Allora come va?” domandò lui gemendo.
“Devo rimettere a posto l’osso.”
“Ah e poi?”
“Non c’è altro…”
“Lo sai che nonostante tu abbia secoli di non-vita, non sai mentire Ossian. Sta diventando nera, mi sa che dovranno tagliarla.”
Lei annui e mormorò: “Dannazione, maledetti cruchi, maledetta lancia del destino.”
La lancia del destino, che seconda la tradizione aveva ferito Cristo sulla croce, faceva parte del tesoro asburgico, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania Hitler la portò a Berlino; Quell’arma era in grado di annullare i poteri magici dei maghi non nazisti su tutti i territori dove sventolasse la svastica.
“Ho freddo!!” disse David tra i brividi.
“Stai calmo.” gli sussurrò Laura accarezzandogli il viso.
“Sei fredda. La tua mano è fredda.” Disse il mago.
Il corpo della non-morta era gelato come una statua di marmo, era freddo da secoli ormai.
“Perdonami.” Disse lei, molto spesso Laura aveva sentito il peso d’essere una vampira, ma non le era mai stato così gravoso. Avrebbe voluto stringerlo, riscaldarlo.
“Io perdonare te?” mormorò lui.
“David?”
“Tu devi perdonare me, Sabrina…”
“Sabrina?” mormorò Laura che poi pensò: “Sta delirando e deve avere la febbre alta. Dio dicono che io sia una creatura maledetta, forse anche priva di un’anima, ma ti prego non farlo morire, non fa morire chi amo. Come mi sono ridotta addirittura prego…”
“Sabrina!? Dove sei?”
“Sono qui David. Sono vicino a te?”
“Lo so, io ti amo.”
“Anch’io…”
“Sono stato uno stupido a partire per questa guerra assurda, dovevo rimanerti accanto. Ma adesso non importa. Tu sei con me.”
“Sì…” rispose abbassando lo sguardo e pensò: “Potrei dargli il bacio di tenebra... oppure.”
“Ossian, Ossian, Laura…”
La voce di David riportò la vampira al presente che disse: “Che c’è?”
“Shhh.” Fece lui e sorrise. “Ci siamo. Lo specchio della Dama.”
Davanti allora c’era una delle insenature più nascoste del lago nero, le sue coste erano scure e misteriose, e ricche di vegetazione.
“E’ bellissimo.” Mormorò Laura “Sembra quella notte…” e sulle sue guance comparvero due chiazze grigie segno che era un po’ imbarazzata. “Ricordi?” mormorò al suo mago.
“Cosa?” rispose David.
“Mmm…” rispose lei abbassando lo sguardo.
“Come potrei dimenticarlo? Solo che era estate allora ed era al tramonto… e tu eri bellissima… tu sei bellissima.”
La vampira sorrise.
“Pensavo che domani al tramonto…” sussurrò David.
“No.” Rispose lei.
“Non si ripete mai nulla.” Dissero insieme i due amanti immortali per poi mettersi a ridere. Prima da migliori amici, poi da compagni d’armi immortali, poi d’amanti e da innamorati si erano ripromessi di non rifare nulla delle cose del passato, che fosse di vita o di morte, di guerra o pace, poi loro ogni ricordo doveva essere unico, eterno e prezioso.
“Adesso dobbiamo aspettare. Gli unicorni arriveranno presto come ogni per abbeverarsi dell’acqua in cui si rifletta la luna piana e con loro…” disse David.
I due si misero seduti dietro un cespuglio, ben nascosti. Il mago giocarellava con un rametto facendo dei disegni sul terreno, mentre Laura guardava le stelle riconoscendo le varie costellazioni quella di Pegaso, Andromeda, il Drago e l’Orsa Maggiore per poi trovare la stella polare.
“In città ormai non si vedono più le stelle troppe luci.” disse la vampira un po' malinconica.
David non rispose.
“Mi aiuti a cercare Alcor?”
“Possibile che dopo tanti anni devo sempre aiutarti per trovare quella stella.” disse il mago un po’ divertito.
“Dai...” disse la vampira appoggiando con la testa sul petto di lui.
“Ok, vedi la seconda stella dell'appendice dell'Orsa Maggiore quella è Mizar se guardi bene accanto a lei c'è una specie di ombra o riflesso...”
“Ehm, no non lo vedo.” disse Laura sorridendo. “Lo sai che in astronomia non ero brava.”
“Sono passati quasi novant'anni da tempi della scuola, Ossian.” disse David che avvicinò il suo volto di lei e gli indico la stella. “Ecco la vedi ora.”
“No, non ancora...” rispose, ma veloce si voltò e lo bacio.
Un bacio piccolo, breve ma passionale.
“Tutto questo per rubarmi un bacio.” mormorò lui non appena le loro labbra si separarono.
“Sì, è così difficile sorprenderti.” disse lei e appoggio il capo sul petto di lui. “Sei così caldo e mi piace sentire il battito del tuo cuore.”
“Ma se non batte più da molto, lo sai.”
“Io lo sento, lo sento solo io e batte...”
“...batte per te.” Disse lui.
“No, batte per tante cose non solo per me, ma non sono gelosa. Batte per la giustizia che per te non è solo una parola, per il sapere, per ciò che è giusto. Che poi sono le cose per cui ti amo.”
David sorrise e la strinse a se.
Un rumore di qualcosa che si muoveva tra la boscaglia, attirò l’attenzione dei due maghi.
“Ecco gli unicorni.” Sussurrò Giles guardando con Laura le creature magiche attraverso i rami del cespuglio.
Il primo a uscire allo scoperto era un fiero stallone bianco, alto e forte che ispezionava l’aria con sguardo attento e prudente, aveva il carisma di un capo e la dignità di un sovrano.
Avanzò verso l’insenatura con aria furtiva e decisa e anche se incerto sul da farsi fece segno agli altri del suo branco di poter venire.
“Unico.” Mormorò David sorridendo e guardò il fiero animale aspettare e seguire gli altri unicorni. “Unico, il re degli unicorni, l’unicorno di Harry durante la guerra.”
“Unico…” disse Laura. “L’hai riconosciuto dalla cicatrice sulla zampa posteriore o dal corno dorato.”
“Da entrambi. Harry mi aveva detto d’averlo visto a Natale.” Disse il mago che continuava a guardare il branco bere e i puledri divertirsi e giocare, mentre i maschi e il loro re vigilavano.
“Ti manca?” mormorò Laura. “Ti manca Demone Nero?”
“Sì, a volte.”
Demone Nero era l’unicorno di David, era il fratellastro di Unico, ma invece d’essere bianco era nero con un corno argenteo, ed era in parte unicorno in parte Each Uisge. Era stato abbattuto durante una delle battaglie della guerra d’un anno.
Un attimo dopo qualcosa ridesto i sensi di Laura, che si voltò di scatto e mormorò: “C’è qualcuno, anzi più d’un sono almeno…”
“Otto” Disse il mago finendo la frase.
“Tu non hai i miei sensi, come hai fatto?” domandò lei.
Lui si mosse rimanendo nascosto, senza fare il minimo rumore e rispose: “Semplice deduzione solo un gruppo di otto avrebbe possibilità di prendere un unicorno.”
I cacciatori uscirono dalla buio della foresta, senza fare rumore, erano in sei.
Gli unicorni non s’accorsero di nulla intenti ad abbeverarsi.
“Un gruppo strano.” Disse Laura guardandoli e un sorriso si dipinse sulle sue labbra, mentre i suoi occhi avevano riflessi rossastri per poi mostrare il suo vero volto da predatrice notturna. “Tre maghi, un mezzo gigante molto grosso, tre orchi e un dampir da molto non ne affrontavo uno.” Poi fece una domanda a David: “Secondo te perché non usano le trappole ora?”
“Non possono con i centauri pattugliano la foresta e loro sanno che è solo una questione di tempo prima che li trovino e devo affrettare i tempi se vogliono soddisfare la richiesta di sangue di unicorno.” Rispose David osservandoli. “Ah August Moran…”
“Quel August Moran?” esclamò Laura.
“Sì, e il loro capo, non sapevo fosse tornato dall’India.”
August Moran detto il cacciatore del Sussex, era stato un auror, decorato con un ordine di Merlino di terza classe, ma per ragioni rimaste ignote con lo scoppiare della guerra aveva tradito diventando un mangiamorte, e adesso era considerato al terzo posto tra maghi oscuri più pericolosi ancora ricercati. Era un uomo alto robusto, il suo viso era più vecchio dei suoi anni, butterato e segnato da due profonde cicatrici sul lato sinistro del viso, il naso aquilino e pronunciato, nonostante l’aspetto e il mestiere che si era scelto, i suoi occhi restavano fieri e orgogliosi.”
“Questa volta tu attiri la loro attenzione e io li uccido.” Mormorò Laura a David e lui annuì sorridendo.
La vampira saltò verso alto, silenziosa e agile come un predatore notturno, si arrampico sul tronco di una grande quercia fino a raggiungerne un ramo a circa sette metri d’altezza, restando nascosta tra le foglie e la neve.
David si nascose dietro al fusto di albero morto da tempo, spaccato a metà da un fulmine.
I cacciatori avanzarono muovendosi in formazioni a semicerchio per circondare gli unicorni, alcuni con reti e funi, altri con delle lance e balestre.
Re Unico sentì qualcosa, smettendo di bere alzò il capo e tornò a riva.
Moran diede il segnare, i cacciatori uscirono urlando e facendo più rumore possibile. Le creature magiche si spaventarono cercando di scappare, ostacolandosi a vicenda.
“Avanti!! Ne voglio almeno tre o quattro.” Gridò il capo dei cacciatori. “ Prendete i puledri o le femmine.” E avanzava con la bacchetta in una mano e una lancia nell’altra.
Il branco di unicorni era completamente alla sbando, troppo confusi dai rumori e dai cacciatori per poter scappare o tentare una qualunque reazione.
Uno degli orchi lanciò una rete su un puledro ancora nel lago intrappolandolo, il cucciolo nitrì di paura cadendo nell’acqua, mentre il pelle verde la tirava a se gridando e sbavando.
David allora uscì allo scoperto e tagliò la rete con la spada per poi mettersi in difesa degli unicorni.
I cacciatori anche se colti di sorpresa, attaccarono, il primo fu l’orco che aveva lanciato una rete, estraestrase un pugnale, avventandosi come una furia contro il mago.
David s’abbasso evitando l’arma e lo trapassò con la spada al ventre, poi scattò a destra per poi saltare sull’altro pelle verde, conficcandogli la katana dalla spalla destra fino allo stomaco, usando il corpo del nemico come un trampolino per raggiungere gli altri cacciatori e gridò: “Aestus mundorum” puntando la bacchetta.
E una sfera d'energia blu scavò un profondo solco nel terreno per poi sollevarsi e colpire uno dei maghi oscuri che aveva cercato di lanciare un’avada.
Laura saltò giù dall’albero, ricadendo perfettamente in piedi e sentì chiaramente il fischio di un dardo di balestra scagliatole contro, lo evitò senza troppi problemi e si lanciò contro il balestriere, il quale cercò di darsi alla fuga, ma la vampira lo raggiunse spettandogli un braccio e dilaniandogli il petto a mani nude, per poi lasciarlo cadere a terra senza di vita.
Uno degli orco caricò Laura con un’alabarda e riuscì a trapassarla allo stomaco, la non-morta colta di sorpresa abbassò il viso per un istante e mostrò il suo volto ferino, guardò il pelleverde negli occhi, questi tremò.
“Un’alabarda di ferro.” Mugugnò lei sorridendo e spezzò l’arma come fosse un stuzzicadenti. “Per fortuna non hai rovinato il mio soprabito, è un regalo della mia amica Alice.”
“Come?!” cercò dire nella sua lingua il mostro, ma Laura gli afferrò la testa e gli spezzò il colo senza troppi complimenti.
D’improvviso Laura fu colpita prima alla schiena e poi al fianco destro, trovandosi sbilanciata, ma riuscì a parare il terzo pugno con avambraccio sinistro e a scagliare un gancio a vuoto.
“Niente male per un sangue debole.” Disse la vampira insultando il dampir. Sangue debole era il modo dispregiativo in cui i vampiri chiamavano i loro mezzosangue.
“Ti ucciderò, succiasangue!!” Gridò lui con un inglese stentato tipico dell’est europeo, la voce sembrava giovane, ma anche i dampir avevano vite molto lunghe.
“Sei bravo a nasconderti, hai imparato bene il dono di tuo padre.” Disse Laura.
Nessuna risposta.
“Tuo padre era della stirpe dei Lugat, vampiri famosi per la loro velocità e la capacità di mimetizzarsi.” continuò Laura per poi affondare la spada in un albero, la lama uscì dall’altra parte del tronco sporca di sangue. “Ma purtroppo per te, non sei un Lugat.”
Il Dampir ricomparve con una brutta ferita alla schiena, reggendosi a tronco e disse: “Come hai fatto? Nessuno fin…”
“Ho affrontato quelli della razza di tuo padre ai tempi della guerra delle stirpi a Parigi quando avevo ancora pochi anni di nonvita. Loro sanno nascondersi perfettamente nelle tenebre, ma tu lasci una specie d’alone, non difficile da trovare, se si sa cosa cercare.”
“Tornerò e ti ucci…” disse il Dampir.
“No, non tornerai come vampiro.” Disse Laura con un sorriso quasi di scherno, staccandogli la testa con una mano sola, lanciandola lontano.
“Odio i dampir, li voglio vedere tutti morti per sempre.” Mormorò.
“Maledetta puttana!!” gridò Moran scagliandole contro una maledizione alle spalle. Lei si voltò appena in tempo e respinse l’incantesimo con la sua bacchetta, ma il contraccolpo la buttò a terra.
“Hai ucciso il mio migliore amico, vampira, è stato il tuo ultimo errore. Non bisogna mai dare a un irlandese un motivo di vendetta.” le disse ex auror a pochi passi da lei.
Laura sibilo e gli mostrò i canini per poi cercare di saltargli addosso.
Moran aveva preso una provetta lanciandole sul viso il liquido in essa contenuto.
Immediatamente Laura un fortissimo dolore, la pelle le bruciava e cadde a terra portandosi le mani sul viso, gridando: “Aghhh Cosa mi hai fatto bastardo!!”
“Il sangue di unicorno non ti piace.” Disse Moran ridendo, mentre lei si contorceva e urlava.
Il cacciatore prese un bastone da terra ed estratto il coltello lo appuntì in modo grezzo.
“Ora è tempo di morire…” disse lui e le si avvicinò per trafiggerle il cuore.
“David…” mormorò la vampira.
Dal nulla comparve un lampo argentato che tagliò la mano al cacciatore, e poi una lama gli trapassò la schiena, uscendo al di sotto dello sterno, rossa di sangue, poi in un sussurro mettalico e l’arma abbandonò il corpo del mago oscuro e August Moran cadde riverso al suolo.
“Laura, Laura!!” Gridò David.
“Sei sempre in ritardo.” Sussurrò la vampira.
“Stai calma adesso, Lasciami guardare.”
“David, fa male sento il mio viso bruciare.” Disse Laura.
“Ti riporto al castello. Ma prima....” e guardò Moran ancora a terra. “Tornò presto.” E si alzò oscuro si avvicinò al cacciatore agonizzante più come un demone che come un uomo. “Razza di verme, figlio di puttana.” Disse con una voce profonda e fredda.
Il mago oscuro cercò di dire qualcosa, ma riusciva solo a gemere e a respirare affannosamente.
“Stai morendo, ma non mi basta che tu muoia dissanguato, non sentiresti nulla. Le hai fatto del male.”
David iniziò a colpirlo in faccia con il pugno destro, una volta, due volte, tre, quattro fino a prendere il conto, si fermò solo quando si resse conto di colpire la terra.
Guardò verso il lago prima di tornare da Laura, gli unicorni erano spariti, tranne Unico che prima d’andare lo ringrazio chinando il capo per poi galoppare nella foresta.
“David?” domandò la vampira.
“Sì.” Mormorò lui, sostenendole la testa.
“Morto?”
“Morto, mia signora.” Rispose lui sorridendo e la prese in braccio, iniziò a incamminarsi verso il castello.

Leslei si svegliò di soprasalto tutta sudata, aveva avuto un incubo terribile, si toccò la fronte e mormorò: “Ma cos’era quello?”
Subito guardò al suo fianco e vide Will dormire, si alzò facendo piano e andò verso la finestra. La notte era silenziosa e chiara illuminata dalla luna. Nonostante fosse nuda non sentiva freddo, e guardò il suo viso riflesso nel vetro.
“Sei bellissima alla luce della luna.” Le sussurrò Will per poi l’abbracciarla da dietro.
Lei sorrise.
“Cosa c’è?” le domandò il mago a un orecchio.
“Ho avuto un incubo.” Rispose.
“Cosa hai sognato?”
“Mi trovavo in un luogo oscuro e freddo, c’erano dei lamenti lontani e qualcosa muoversi vicino a me, era grande e minaccioso, io non lo vedevo, ma sentivo che c’era, era una specie d’animale selvaggio…”
“Continua.” Disse Will turbato.
“Mi girava intorno, poi d’un tratto mi aggredì, si lanciò su di me e mi ritrovai a terra tra il fango. Sentivo il suo fiato caldo sul viso e nelle tenebre vidi i suoi grandi occhi ambrati e parte di una criniera. Era un leone, un enorme leone, ruggì e stranamente mi parlò con voce profonda e forte.”
Il giovane mago serrò la mandibola e strinse il pugno, lasciando andare Leslei e si allontanò e s’appoggiò allo schienale di una vecchia poltrona.
“Will…” disse la strega voltandosi verso di lui.
“Cosa ha detto?” le domandò lui con voce fredda e dura.
“Il leone? Non lo ricordò, ma era solo un sogno.” Disse Leslei.
“Devi ricordarlo!!” Esclamò gridando il giovane mago. “Quello non era solo un sogno. Maledetto, maledetto Aslan.”
“Aslan?” domandò la strega..
“E’ lui…” disse Will e le mostrò il tatuaggio del grande felino sulla spalla destra.
“Tu conosci quel leone?” le domandò lei avvicinandosi.
“Sì… Lui è, lui è… il dio della mia terra d’origine.” Disse con voce carica d’odio.
“Mi stai facendo paura…”
A sentite quelle parole il ragazzo si calmò, l’abbracciò e mormorò: “Scusami, Leslei, non volevo spaventarti.”
“Lo so. Stingimi forte, non lasciarmi.” Disse lei appoggiando il capo sulla spalla sinistra del giovane mago.
“No, non ti lascerò mai. Non temere il leone, lui non ti farà del male, non permetterò più che faccia del male alle persone che amo.”
“Will andiamo a letto.”
I due ragazzi tornarono a letto, si misero seduti fra le coperte.
Dopo qualche minuto, Leslei abbracciata al ragazzo gli domandò: “Raccontami ogni cosa.”
Will mormorò qualcosa e delicatamente si separò dalla strega per prendere la bacchetta sul comodino.
“Io ho paura di lui, lo odio. Vuoi sapere chi sono veramente?”
“Sì.”
Lui sospirò e disse: “Io sono Will Caspian Pevensie, ed ero legittimo erede al trono di Narnia.”
“Narnia? Quella Narnia? Quella dei libri?”
Will le sorrise.
“Per il mondo intero Narnia è solo una storia, una favola, ma era reale, era il mio mondo. Un mondo purtroppo che non esiste più da tanti anni ormai.” Disse tristemente il giovane mago. “Leslei, tu l’avresti amata. Dovevi vedere i suoi imponenti boschi, le pianure verdi e incontaminate spazzate al vento, e poi giù fino alle scogliere a picco sul mare e le rovine di Cair Paravel. No, non erano cose nate dalla mente di quel professore di nome C.S. Lewis. Lui semplicemente scrisse i raccontati di mia madre, Susan Pevensie.”
“Will tu sei nato lì, a Narnia?” domandò la serperverde.
“No, sono nato a pochi chilometri da Londra, ma molti anni fa sulla fine degli anni quaranta. Il passare del tempo per me è sempre stato un mistero.” Disse il ragazzo sorridendo amaramente.
La strega adolescente s’appoggio al petto nudo dell’amato e gli sussurrò: “Racconta mio principe, raccontami…”
“Mia madre e i suoi tre fratelli Peter, Edmund e Lucy ancora bambini quando scoprirono Narnia entrando in un armadio di legno di melo, lo stesso legno di cui è fatta la mia bacchetta. Insieme con Aslan, il leone, liberarono il regno dal dominio malvagio della Strega Bianca. Dopo la guerra i figli d’Adamo e di Eva, come venivano chiamati gli esseri umani a Narnia, furono incoronati re e regine. Passarono gli anni e diventarono adulti dimenticando il loro mondo, ma durante la caccia a un cervo bianco, i quattro sovrani tornarono a casa, tornando anche bambini, i decenni passati del regno degli animali parlati corrispondevano a pochi giorni o ore di qui. Dopo un anno, tornarono a Narnia richiamati dal potere del corno suonato da mio padre re Caspian X, allora era soltanto un principe. Durante la loro assenza il regno era stato conquistato dai Telmar, e per gli tutti gli abitanti originali di Narnia, il Re supremo Peter, re Edmund, e le regine Susan e Lucy erano ormai storia antica leggende come lo è per i babbani sono Re Artù e i suoi cavalieri. Il popolo di Narnia con il ritorno dei loro mitici sovrani, combatte per la loro libertà e la riconquistarono, grazie anche al ritorno di del leone Aslan, vero padrone di Narnia.”
Will si fermò un istante per un momento.
“Dopo la secondo avventura dei Pevensie iniziò la mia storia. Io sono il frutto di un amore, un amore proibito e non voluto da Aslan. Durante la battaglia, mio padre e mia madre s’innamorarono, ma lui il leone aveva altri piani per la discendenza dei re di Narnia. Caspian X, non era il tipo da fermarsi solo perché il suo amore si trovava in un altro mondo. Fece studiare le antiche cronache, trovò il lampione, varcò l’armadio e venne qui, e grazie al professor Kirke ritrovò la sua amata Susan, anche se solo per una notte. Dopo pochi mesi mia madre scopri d'essere incinta, cercò di nasconderlo, ma al epoca era scandaloso per una ragazza di sedici anni non sposata, e si rifiuto di dire il nome del padre, e come poteva. In famiglia gli unici a saperlo, a sapere di me, erano i suoi genitori e suo fratello maggiore Peter che conosceva tutta la verità. Mio zio Peter, il mio perfetto zio Peter, il re supremo, il campione della moralità…”
Negli occhi del giovane ragazzo divamparono di un odio profondo.
“Al oscuro degli altri mia madre fu portata in una casa per ragazze madri, un luogo orribile, e mi diede alla luce per poi abbandonarmi. Nessuno mi volle mai adottare, forse perché ero in parte non ero di questo mondo... Uscito dal orfanotrofio cercai le mie origini, volevo sapere chi fossi, e perchè una voce mi diceva d'essere diverso. Ritrovai mia madre, era stata abbandonata da tutta la sua famiglia, la ritrovai in uno dei sobborghi di Londra. Era una...” disse stringendo i denti dalla rabbia. “E' stata colpa loro, dei suoi fratelli e di quel Leone, che si considera un dio.”
“Will....” mormorò la strega e gli accarezzò il viso.
“Mia madre era malata, Leslei, beveva Gin e aveva contratto la sifilide, che le distrusse piano la mente. Mi parlò di Narnia e tutto il resto, mi raccontò di tutto. Io pensavo fossero follie, sogni, ma poi lo trovai, trovai l'armadio in una discarica. Allora vi entrai ed era vero, quel mondo esisteva, Narnia esisteva, ma mio padre era morto da secoli. Ho vissuto lì per anni, ed essendo il frutto dell'unione fra due mondi non potevo morire in nessuno dei due, ne invecchiare. Vidi passare i secoli, i re alternasi. Diventai molte cose, ma su tutte ero un soldato di ventura e fu durante una battaglia che ho scoperto d'essere un mago. Sarei stato anche felice, non avevo nessun limite, ma un giorno lo incontrai, incontrai il leone, il grande Aslan. Lui sapeva, sapeva tutto di me, per lui ero solo un errore, un peccato, il frutto di qualcosa d'ignobile. Lo odiavo e lo odio ancora. Lo sfidai, ma è riuscito a battermi, ma quel vigliacco non mi finì, lasciandomi a terra privo di sensi. Non lo rincontrai più, fino alla fine di Narnia. Quel giorno non lo dimenticherò mai... Tutto fu distrutto da un gigante immenso, il tempo distrusse tutto. Ma mentre tutto crollava vidi su di un cole il leone circondato dai suoi prediletti, ma mia madre non era con loro lei non era degna del paradiso, non aveva pure lei combattuto per Narnia? La rabbia s’impossessò di me corsi sul fianco della collina brandendo la spada, ma quando cercai di colpirlo mi si parò davanti il suo servo più devoto: mio zio Peter. Ci siamo affrontai, mentre Narnia cadeva. Combattevamo con rabbia lo colpì, e lo buttai a terra e senza pietà lo trafissi, e gli tagliarli la mano destra con cui teneva la spada. Edmund mi attaccò come anche Eustachio Scrubb, ma il leone li fermò. Vidi allora il re supremo rialzarsi e la sua mano ricrescere. Aslan mi offrì il paradiso ed io rifiutai, e vidi una porta d’argento e i sovrani di Narnia e fra loro riconobbi mio padre. Afferrai la spada, il dono di babbo natale e fuggi via. Mentre le tenebre scendevano io rientrai nell’armadio e mi ritrovai in un negozio a noctune alley. E questa nuova avventura da mago iniziò.”
Finito il lungo racconto Will guardò Leslei e le diede un leggero bacio.
“E’ tua madre, Will?”
“Lei era morta da tempo, sono solo riuscito a sapere che dov’era sepolta. Vicino alle barre dei suoi fratelli e dei suoi genitori. Sono sicuro che ti sarebbe piaciuta.”
“Will quando noi mangiamorte avremo il potere ritroveremo Aslan e lo ucciderai, avrai la tua vendetta, amore mio, è una promessa.”
Il mago sorrise e mormorò: “Grazie, amore mio.”

Al dormitorio femminile del quarto anno di grifondoro.
Tibby si svegliò e guardò nel letto accanto.
“Harmony dorme nell’appartamento di sua madre. Chi sa se lei e Tim…” Pensò e s’alzò. “Forse c’è qualcosa nelle nostre riserve nella sala comune.” In poco tempo scese lì, ma rimase delusa non trovandoci niente di buono.
“Andrò in cucina, forse c’è Dobby, lui ci da sempre delle cose buone a me e a Harmony.” Pensò la griffondoro e uscì dalla sala comune, la signora grassa dormiva da anni non si preoccupava più se gli studenti della sua casa uscivano oltre gli orari.
“Lumus” mormorò Tibby e la bacchetta s’accese di una luce non troppo forte. “Obbiettivo le cucine.” E s’incamminò per i silenziosi corridoi della scuola.
“Certo che i corridoi di Hogwarts fanno paura a quest’ora di notte.” Pensava la giovane strega tenendo stretta la bacchetta con la punta illuminata. “Spero di non incontrare qualche cane a tre teste o peggio qualche prefetto, anche se uno di loro lo vorrei incontrare proprio.” E sorrise, un po’ rossa in viso.
Arrivò al piano terra senza difficoltà e passò di fronte alla porta della sala grande, stava per entrare nella porticina che conduceva alle cucine e alla casa di Tassorosso, e sentì dietro di lei una voce maschile: “Ferma lì.”
La rossa si bloccò e sorridendo alzò le mani, rinascendo la voce.
“Oh abbiamo senso del umorismo.” Disse la voce “Girati adesso.”
Tibby si girò sempre sorridendo.
“Weasley! C’è ci fai qui?” domandò lui.
“Potrei farti la stessa domanda, McGinnis.” rispose lei.
“Dimentichi che sono un prefetto.”
“Sei un prefetto, il cercatore della tua casa, il mitico cavaliere verde e anche un playboy a quanto ho visto al campo di Quidditch.”
Terry sorrise e disse: “Ah mi hai visto…” ma non finì la frase e afferrò la giovane strega.
“Che fai?” disse la strega.
“Shhhh Arriva qualcuno. Se ti beccano passi guai.” Le disse Terry e mormorò l’incantesimo per attivare l’anello, e con il suo potere volò verso alto fino al soffitto e s’appoggio con la griffondoro a uno dei capitelli di una colonna.
Poi i due ragazzi guardarono giù e videro: Nadia, l’altra prefetto di tassorosso incontrarsi con qualcuno, e baciarsi appassionatamente.
“Oh Dio quello è Danny Red, uno dei battitori di corvonero, lui e Nadia stanno insieme? Questa si che è una notizia.” disse Tibby.
“Sì, va da almeno quattro mesi questa storia. Ehi non sapevo che fossi pettegola.” Disse Terry quasi ridendo.
“Non sono una pettegola, e solo che…”
“Solo che?”
“Non sono una pettegola, punto.” Disse offesa la ragazza e vicino al mago sentì un dolce profumo e guardò il suo viso, aveva la una leggera ombra di barba, i suoi occhi erano diventati verdi smeraldo, mentre il braccio che la teneva a se era caldo e forte, e lei non resisti a non toccarlo.
Quando lui se ne accorse, la guardò negli occhi e le sorrise.
“Che c’è?” domandò Tibby.
“Niente.” Rispose lui.
“Ho paura di cadere.”
“Non ti lascerei mai cadde, Weasley.”
Nadia e Danny se ne andarono insieme.
Terry uso l’anello per scendere a terra.
“Wow certo che è forte quel coso.” Disse Tibby mentre volavano a mezz’aria.
“L’anello? Sì, lo è ma sto ancora imparando a usarlo, a volte è difficile.”
“Come stai, Terry?” gli domandò la strega dolcemente.
“Bene, grazie.” Rispose lui.
“Come stai davvero, Terry?”
Lui la guardò per un secondo e capì: “Mi mancano, quello che mi manca di più e che io avrei voluto imparare da mio padre a usare l’anello, ho solo qualche base e poi abbiamo avuto delle discussioni che ora mi sembrano delle cazzate…”
“Mi dispiace tanto.” Mormorò la rossa e con dolcezza gli sistemò una ciocca ribelle dei capelli dalla fronte. “Questa moda di voi ragazzi d’aver i capelli come il professor Potter, non la capirò mai.”
Il ragazzo sorrise e mormorò: “Ehm grazie.”
“Puoi lasciarmi andare ora.” Disse Tibby quando arrivarono a terra entrambi.
“Ah si scusa.” Rispose il nuovo cavaliere verde, che sciolse l’abbraccio e spense il potere del anello. “Puoi dirmi perché vai in giro in pigiama a quest’ora?” domandò.
“Avevo un po’ di fame così ho pensato di prendere qualcosa in cucina.” Rispose la giovane strega un po’ imbarazzata.
“E’ tardi persino gli elfi domestici sono a dormire e senza di loro non troveresti nulla.”
“Allora tornò a letto, grazie Terry.”
“Aspetta.” Esclamò il tassorrosso. “Cosa avresti voluto?”
“Non so, una fetta di torta o del gelato.” Rispose Tibby.
“Conosco un posto aperto tutta la notte che fa torte magnifiche e se vuoi ci mettono il gelato.”
“Ma Hogsmeade non c’è un locale così.”
“Ma a Londra sì.” Rispose Terry.
“A Londra e come ci arriviamo fin laggiù?” Domandò la strega incuriosità.
“Fidati di me, useremo l’anello.”
“Vuoi portarmi volando?”
“No, Weasley, ognuno di noi ci andrà volando. Ora chiudi gli occhi e lascia fare a me.”
“Sì, ma niente scherzi stupidi.” Rispose e chiuse gli occhi.
Terry s’allontano e punto l’anello su Tibby, e un energia verde colpì la ragazza.
Lei si sentì completamente avvolta da una calda sensazione di tepore, poi sentì una forte energia scorre in lei, era la stessa sensazione che provava quando usava l’arco magico, ma questo era più forte, profondo ed emozionate.
Riaprì gli occhi e si guardò intorno e poi i suoi vestiti.
“Ma che cosa è successo?”
“Cosa ne pensì?” domandò Terry.
“Non capisco, ma cosa mi hai fatto?” disse Tibby sorpresa che aveva indosso una specie di tuta aderente bianca e verde, un pochino provocante. “Sembrò una supereroina dei fumetti, forte.”
“Guarda la tua mano destra.” Rispose il tassorosso sorridendo.
E allora la strega s’accorse che aveva un anello verde smeraldo.
“Oh Merlino!!! E’ come il tuo.” esclamò “Sono come te?”
“Non proprio quello è solo un simulacro del mio, ma hai gli stessi poteri. Ti va di volare fino a Londra con me adesso, torneremo presto.”
La rossa sorrise maliziosa e disse: “Fai questo con tutte le ragazze? Le trasformi in eroine sexy.”
“No, tu sei la prima, ma tu lo sei già una eroina, ti ho visto combattere al Hobbs Lane, ma sul sexy non lo.” E iniziò a ridere.
“Sei uno stupido, McGinnis.”
“Andiamo? Sarà bellissimo te l’ho assicuro, ti porterò più in alto e più veloce di quanto tu possa immaginare.”
Tibby gli afferrò la mano e rispose: “Andiamo, cavaliere verde.”
Terry le sorrise alzò il pugno verso alto e un raggio verde scaturito dall’anello aprì una delle finestre.
Allora afferrò la strega e disse: “Non avere paura.”
I due ragazzi si trovarono avvolti dalla luce verde degli anelli e s’alzarono in volo, per uscire della finestra, trovandosi a volare nel cielo notturno di Hogwarts.
“E’ fantastico!!” Gridò Tibby sempre tra le braccia di Terry “Wow! Mamma… Merlino.” Volavano insieme tra le torri della castello.
“Le stelle sono così luminose.” Gridò la griffondoro guardando il giovane mago “La luna è vicinissima, potrei toccarla.”
“Ti va di provare da sola?” domandò lui.
“Cosa?” esclamò la ragazza, mentre copriva in parte le loro voci.
“Vuoi volare da sola?”
“No, non posso, non lasciami.” Gridò lei.
“Non ti succederà nulla, vai…” gridò il cavaliere e la lasciò andare.
Tibby si ritrovò a galleggiare nel aria sostenuta dall’aurea verde del suo anello. “E’… E’ bellissimo. Ma ora che devo fare per virare?”
“Devi solo volerlo, pensarlo è accadrà. Pensa da che parte andare e a che velocità il resto lo farà l’anello.”
“Ci provò!!” disse la strega e subito senza rendersene neanche rendersene conto volava, e riusciva pure a fare delle acrobazie, e si fermò sentendosi chiamare.
Terry le si avvicinò e le disse: “Sei bravissima. Io ci ho messo un po’ ad abituarmi, nonostante fossi un cercatore.”
“E’ un volo diverso da quello su manico di scopa o su una creatura, è più intuitivo e istinto.”
Il giovane cavaliere sorrise.
“Cosa c’è?” domandò Tibby.
“Sei carina, anzi bellissima alla luce della luna.” Rispose lui e si avvicinò ancora di più, per poi accarezzarle il viso.
“Terry, io…” mormorò lei.
“Shhh, fammi provare, voglio risentire… il tuo sapore.” Le sussurrò.
“No!!” gridò la ragazza e le prese la mano e poi disse: “Ti prego no. Non rovinare tutto.”
“Va bene, ma tu provi qualcosa per me.”
Tibby gli diede le spalle e dopo un istante di silenzio disse: “Forse è vero, ma sono confusa…”
“Per Zabini?”
“Sì e no, ma c’è dell’altro.” Tibby allora si fermò e voltandosi con un sorriso non del tutto sincero, cercando scacciare ogni brutto ricordo, disse: “Mi hai promesso un gelato a Londra, Terry, ma ora vorrei una cioccolata calda.”
Il giovane cavaliere verde sapeva che gli aveva mentito, lo vedeva nei suoi occhi velati di tristezza che la tradivano.
“Andiamo, ma come ti ho già detto non ti lascerò mai cadere, Weasley non ti permetterò di farlo. Ora fai strada, piccola.”
“Come vuoi allora seconda stella a destra e poi fino al mattino.” Esclamò la strega.
“Certo, mia Wendy.” Rispose lui.
Lei sorrise di nuovo e volo via.
“Non ti lascerò cadere, Tibby Luna Weasley; ti amo troppo per farlo.” Pensò Terry e volando la raggiunse.
I due si divertivano mentre compivano audaci virate e spirali, come se ballavano in cielo fra le stelle, si lasciavano e subito tornavano vicini.

Mattina, Hermione tornata, entrò nella sua stanza da letto e li vide, Harmony dormiva abbracciata a Tim, con il capo sul petto nudo del ragazzo.
La madre allora restò senza fiato, non sapeva se doveva arrabbiarsi o se rimanere intenerita, si avvicinò al letto e diede dei colpetti alla figlia.
Harmony si svegliò dolcemente, sbadigliò, si stiracchiò e ancora mezza addormentata, vedendo la madre disse: “Ciao Mamma, bentornata... Ti sei divertita nel weekend con Harry?” poi si ricordo e guardò Tim ancora addormentato di fianco a lei.
“Non è come sembra te l'ho assicuro, non è successo quello che pensi.” Disse la ragazza tutta rossa in viso.
Hermione sorrise e si portò un dito vicino alle labbra e sussurrò: “Shhhh, vieni di là, dobbiamo parlare.” E uscì dalla stanza.
Harmony la seguì temendo una terribile punizione, nonostante fosse tanto felice da mettersi a cantare, guardò allora il suo ragazzo ancora addormentato e sorrise.
In soggiorno trovò la madre già seduta al tavolo.
“Mamma, non è successo niente, non lo abbiamo fatto e sono stata io ha invitarlo a restare...”
“Harmony... sssh. Il tuo ragazzo sta ancora dormendo.” disse Hermione scherzando “Mi hai già detto che non è successo niente e ti credo, mi fido di te.”
“Io ehm... io… stavamo per farlo. Ero convinta che ehm… lo avrei perso, ma mi sbagliavo, lui ha capito tutto, e allora...” disse lei sempre più rossa in volto.
“Ok ho capito.” disse Hermione
“Sei molto comprensiva oggi, la vacanza con Harry ti ha fatto bene.” Disse la giovane strega sedendosi di fronte alla madre. “Racconta tutto avanti.”
“Prima di tutto, non è comprensione, ma stanchezza, sono distrutta. Il mio weekend romantico si è trasformato nel film: Dawn of the Dead.”
“Zombi? Ma originale o il remake?”
“Entrambi.” Rispose tristemente Hermione rialzandosi.
“Harry, come sta?”
“Sta bene, ma era più stanco di me, è andato a dormire nel suo letto lui. Se non l’hai capito sveglia il tuo ragazzo venite qui a fare colazione. Liberate il mio lettuccio.”
“Colpita e affondata.” Disse Harmony.
“Ah per fortuna che Harry non è entrato, non so come l'avrebbe presa nel vederti a letto con Tim.”
“Pensi che avrebbe fatto una scenata?”
“Una scenata?” rispose Hermione “L’avrebbe ucciso, anche se gli vuole molto bene. Harmony tu sei sua figlia, anche se ti conosce da soli cinque mesi ti vuole proteggerti. Non è tipo che soffochi le persone e non ha ancora capito del tutto il suo ruolo di padre, non sa fin dove deve spingersi. Ma non credo che gli farebbe piacere vederti dormire fra le braccia di un ragazzo.”
“Film di zombi a parte vi siete divertiti e ehm.. stancati?”
“Stancati? Non è un discorso che voglio fare con mia figlia di quattordici anni anche se dorme con un ragazzo. Ora credo che tu debba andare a svegliare il tuo bel addormentato e chiedergli come le vuole le uova.”
“Vado.” disse allegra Harmony e s'alzò “Ah mamma Grazie, cucino io la colazione, giusto?”
“Certo, al momento Tim non è il mio studente preferito, ma non lo voglio avvelenare con la mia cucina.” Disse Hermione.
La ragazza sorridente andò verso il corridoio, ma risentì chiamare dalla madre: “Ah tesoro mio, dimenticavo…”
“Sono in punizione?” disse la giovane strega sconsolata.
“Sì, molto in punizione per aver fatto entrare un ragazzo qui e averci dormire insieme, nei prossimi giorni sarai molto gentile con me, credo che vorrò la colazione a letto.”
“Per quanto tempo?”
“Molto tempo, e poi vedremo le altre cose.”
“Altre cose? Tante?” domandò Harmony.
“Tantissime.” Mormorò sua madre con una luce un po’ sadica negli occhi.
“Cavolo, solo per una dormitina.”
“Vai ha chiamare il tuo ragazzo.” Disse ridendo Hermione.